LA REPUTAZIONE: IL LEGAME EMOTIVO CHE SI COSTRUISCE NEL TEMPO

CORPORATE REPUTATION: SFIDE E TENDENZE NELL'ERA DIGITALE

Intervista a Fabio Ventoruzzo, Corporate Communications & Sustainability Director Sisal

 

Partiamo dal binomio reputazione-comunicazione: quanto è importante la seconda nella crescita della prima per l’azienda? 

“La reputazione è il risultato finale della comunicazione, un processo di trasferimento di contenuti per costruire relazioni e reputazione. La reputazione però si forma utilizzando canali diversi, alcuni spesso dimenticati (l’esperienza diretta con un prodotto/servizio), molti sottovalutati (è il caso degli owned media, i canali ‘proprietari’ dell’azienda come il sito o i social), tanti considerati costosi (paid media), altri molto spesso rincorsi affannosamente (gli earned media: quello che gli altri dicono e scrivono di noi). Troppe volte ci concentriamo sul mezzo (la comunicazione) e non sul fine (la reputazione). E limitiamo l’attenzione all’efficienza della comunicazione anziché alla sua efficacia nel costruire la reputazione.

La reputazione influenza le scelte di consumatori e stakeholder. E una buona reputazione protegge l’azienda in caso di crisi. Purtroppo l’ansia di comunicare e la voglia di dimostrare risultati nel breve periodo prendono troppo spesso il sopravvento sulla gestione della reputazione: come descrive Byung-chul Han ne ‘La crisi della narrazione’ oggi lo storytelling è diventato un accumulo di contenuti per le community e ha reso sempre più difficile la costruzione di un rapporto valoriale con una comunità. Il racconto dell’azienda (la comunicazione) finisce così col prevalere sulla sua capacità di generare legami (la reputazione).”

 

Come si costruisce fiducia e credibilità? E come si mantiene nel tempo? Integrità, trasparenza e sicurezza sono sicuramente tre pilastri su cui fondare le proprie radici.

“La reputazione è un legame emotivo che lega una persona a un brand. Si sedimenta nel corso del tempo, è un processo lungo e progressivo. È un patrimonio esclusivo dell’azienda che nessuno potrà mai copiare. Ma che si può distruggere in pochissimo.

È uno straordinario esercizio di ascolto degli stakeholder perché, a differenza delle attività di branding (come voglio essere percepito dai miei consumatori), la reputazione di un’azienda è di proprietà dei suoi stakeholder: sono loro a decidere la tua reputazione sulla base del legame che hai saputo creare con loro. E come ogni relazione, per renderla forte nel tempo, le aziende devono essere in grado di comprendere le aspettative degli stakeholder e la loro evoluzione nel corso del tempo.

Oggi ‘chi sei/cosa rappresenti’ (corporate character) è molto più importante di ‘cosa vendi’ (business capabilities). In una fase che i sociologi come Nadia Urbinati definiscono di ‘assenza di rappresentanza’, crescono le aspettative nei confronti del ruolo sociale delle aziende che devono ricercare la legittimazione su un purpose che vada oltre il business e si proponga di rispondere a istanze sociali (per esempio climate change, women empowerment, social inclusion, etc.). La reputazione delle aziende, quindi, si basa oggi sulla capacità di intercettare e indirizzare bisogni sociali in maniera autentica e credibile rispetto alla natura del loro business.

I consumatori oggi scelgono un brand che si pone degli interrogativi rispetto al futuro che stiamo costruendo insieme.”

 

La sostenibilità si inserisce nei processi e nei modelli dell’azienda, dando nuova forma all’organizzazione di questa. Oggi le aziende crescono proprio sulla base di un purpose profondo (deep purpose) che le rende socialmente impegnate. Qual è la vostra strategia ESG?

“Secondo le ricerche di RepTrak®, società riconosciuta a livello globale nella misurazione della corporate reputation, la sostenibilità oggi influenza più del 40% della reputazione di un’azienda. Per questo è sempre più un tema centrale nella costruzione del valore di lungo periodo dell’azienda e della durabilità del suo modello di business.

In Sisal la sostenibilità è uno dei tre driver – assieme a innovazione digitale e sviluppo internazionale – che indirizza la nostra strategia di lungo periodo e guida decisioni e azioni. Sisal è sempre stata caratterizzata da una visione sul futuro e da una forte tensione verso la responsabilità: non tutti sanno che il Totocalcio (inventato da Sisal nel 1946) nacque dall’idea di destinare i suoi proventi alla ricostruzione delle infrastrutture sportive distrutte durante la seconda guerra mondiale. Da quasi 80 anni, il nostro purpose, quindi, è sempre inscindibilmente legato al nostro modello di business.

Ci siamo dati un’agenda di sostenibilità ambiziosa ma determinata, caratterizzata da tre Zeri: Zero giocatori problematici (entro il 2030), Zero gender pay gap (entro il 2030), Zero emissioni nette (entro il 2035).  Essere coerenti con il nostro purpose, “costruire un futuro più responsabile”, oggi significa rispondere con determinazione alle aspettative dei nostri stakeholder sia rispetto alle nostre business capabilities (il gioco responsabile e sicuro) che al nostro corporate character (azienda inclusiva e sostenibile). Oggi per essere credibili bisogna affrontare con responsabilità gli elementi trasformativi del business e della Società.”

 

Sostenibilità ambientale, ma anche sociale e quindi rispetto e tutela delle comunità, delle persone e dei consumatori. Più impegno significa più fidelizzazione, fiducia e quindi anche ritorno economico per l’azienda?

“C’è sempre stata una forte incomprensione nel contrapporre sostenibilità e competitività delle aziende dove la domanda sottostante riguardava il trade-off tra le due: si può essere sostenibili senza intaccare la capacità di generare profitto?

In realtà la domanda non ha ragione di esistere: l’azienda è competitiva se è sostenibile, punto. Non c’è nessun equilibrio da ricercare. Semmai il problema è diverso e riguarda l’orizzonte temporale in cui si definiscono obiettivi e si attendono risultati: nel breve la sostenibilità ha dei costi; nel lungo periodo diventa un investimento perché si trasforma in reputazione che, influenzando la scelta di consumatori e stakeholder, impatta la top line del conto economico (la sostenibilità diventa elemento di brand preference) ma anche la bottom line, riducendo i cosiddetti costi transazionali come talent attraction (diventa meno costoso attirare talenti sempre più attenti a lavorare per un’azienda sostenibile) e crisis recovery (le aziende con una reputazione migliore recuperano market share/value molto prima).

In più, in uno scenario dove i mercati sono sempre più sovrapposti, oggi la sostenibilità è una straordinaria leva per le aziende per competere in arene adiacenti, al di fuori della propria industria di riferimento (è anacronistico, ad esempio, pensare all’industria del gioco senza prendere in considerazione la competizione in atto con altri settori per il tempo libero delle persone).

Per questo è fondamentale passare da un approccio di ‘compliance’ dove la sostenibilità è la ricerca di adesione a norme, standard e best practices a uno di ‘commitment’ dove l’obiettivo è quello di diventare un punto di riferimento per il settore ma non solo. Per questo la sostenibilità non è solo CSR ma non è neanche la semplice rendicontazione delle performance non finanziarie. È un impegno che deve coinvolgere ed essere vissuto da tutta l’azienda, top management e dipendenti.

La sostenibilità è una destinazione valoriale. E deve essere integrata nella strategia dell’azienda con target e KPI di monitoraggio. Solo così la trasformazione sostenibile diventa competitività.” 

 

Oggi la reputazione da parte dei consumatori-clienti viene misurata sui valori. Quali sono i vostri?

“I valori – riprendendo una definizione di Fukuyama – sono una straordinaria ‘colla sociale’ che crea e tiene assieme una comunità. Per le aziende questo vale nei confronti sia degli stakeholder esterni che interni. Gestire la reputazione significa costruire un legame emotivo forte tra azienda e stakeholder, tra cultura interna e percezione esterna. In caso contrario c’è lo stigma reputazionale (i pubblici esprimono valori contrapposti a quelli dell’azienda) o peggio ancora i patetici tentativi di ‘washing’ messi subito alla berlina da consumatori e stakeholder sempre più critici e attenti a comportamenti opportunistici da parte delle aziende.

I valori aziendali sono l’aspetto più intimo e viscerale delle aziende. Impossibile raccontarli in maniera autentica e credibile all’esterno se non vissuti con consapevolezza all’interno. Sisal ha una storia basata su responsabilità e innovazione che, assieme all’attenzione per le persone, rappresentano ancora oggi i valori fondanti per il nostro business e il nostro stare assieme: siamo convinti che il motore di ogni innovazione vincente sia la responsabilità, perché grazie a essa mettiamo al primo posto l’ascolto e la tutela delle persone.

Secondo molte analisi, tra cui il Trust Barometer di Edelman, i dipendenti sono le fonti di comunicazione più credibili di un’azienda: lavorare sui valori, sulla loro condivisione interna, rappresenta una straordinaria opportunità per trasformare i colleghi in ambasciatori credibili e moltiplicatori della reputazione dell’azienda. La reputazione dell’azienda nasce dal suo interno.”