BRAND ITALIA E SOSTENIBILITÀ: UN BINOMIO POSSIBILE

BRAND ITALIA, IL PAESE CHE SI RACCONTA

di Alessandro Azzoni, studente di Comunicazione d’impresa e Relazioni pubbliche, Università IULM

L’impronta negativa dell’uomo ha messo al centro il tema della sostenibilità, che nel corso del tempo è diventato anche un fattore sempre più giudicante nei confronti di un Paese. 

L’immagine di Brand Italia nel mondo è stata costruita negli anni dalle aziende che rappresentano i settori della moda, dell’alimentare e della meccanica, i quali, però, hanno costruito le loro fortune su un modello di economia lineare che per sua natura richiede un notevole dispendio di risorse. 

Per migliorare questo deficit, le imprese devono rivalutare i loro obiettivi attorno alla sostenibilità, attraverso l’adozione di nuove strategie che si basino su una reale consapevolezza etica e che facciano leva su una comunicazione chiara e trasparente. 

Tutto questo rappresenta la vera chiave di svolta per creare una nuova concezione del Brand Italia da un punto di vista sostenibile. Molte sono le aziende che hanno già iniziato a percorrere questa strada: nel settore della moda a distinguersi c’è Quagga, una realtà poco conosciuta ma che dal 2010 produce capi di abbigliamento ponendo al centro il rispetto per l’ambiente, le persone e gli animali. Mentre nel settore del food l’eccezionale Barilla è tra le aziende che più si impegna in queste tematiche, producendo il 95% in modo sostenibile. 

Ma cosa significa realmente essere sostenibili? 

Secondo il lontano ma più che attuale rapporto di Brundtland del 1987, la sostenibilità è una condizione di sviluppo che assicura il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere quelli delle generazioni future. In particolare, questa definizione coinvolge tre aspetti: ambientale, sociale ed economico, anche dette le 3P della sostenibilità – Planet, People and Profit. 

L’Italia da questo punto di vista è caratterizzata da una situazione abbastanza ambigua. L’ultima classifica di The Green Future Index 2022, che mette in fila più di 70 nazioni sulla base dei progressi e degli impegni presi in ambito green, mette il nostro Paese nella top 20 mondiale. I meriti vanno soprattutto a un’agricoltura biologica, un miglioramento delle politiche ambientali e un’ottima gestione per il riciclo dei rifiuti, che la vede come prima in Europa. Allo stesso tempo però, è caratterizzata da una debolezza sociale ed economica, causata da una politica poco stabile, un costo della vita sempre più alto e spesso da una scarsa consapevolezza delle risorse che possiede. 

Fortunatamente, negli ultimi anni sono cresciute le organizzazioni di volontariato, soprattutto nel settore della salvaguardia ambientale. Un esempio fra tanti è quello di Plastic free, un’associazione impegnata nel ripulire il mondo dall’inquinamento da plastica e che si impegna nella cura degli ecosistemi marini. 

È compito delle imprese valorizzare sempre di più queste realtà, poichè sono in primis portatrici di un miglioramento dell’immagine del Paese e anche perché è chiaro che le tematiche di sostenibilità stanno iniziando a essere utilizzate per attirare maggiormente gli stakeholder, diventando uno strumento sempre più competitivo. 

Il Brand Italia non può di certo sottrarsi a questa sfida, ma deve essere coerente e costante nel portare avanti una vera svolta sostenibile, senza cadere nel fenomeno del greenwashing. Dovrà valorizzare i suoi punti di forza e migliorare quelli di debolezza, non solo per la sua immagine e reputazione nel mondo, ma soprattutto per contribuire al benessere del pianeta e dei suoi abitanti.