CREATIVITÀ E INNOVAZIONE. ECCO COME RENDERE UN EVENTO MEMORABILE

GRANDI EVENTI | UNA RICCHEZZA CULTURALE ED ECONOMICA

L’intervista ad Andrea De Micheli, Co-founder, Presidente e Amministratore Delegato Casta Diva Group

 

 

Iniziamo con una sua presentazione a chi ci legge. Dagli spot pubblicitari alla fondazione di Casta Diva Group. Qual è il suo percorso? 

“Io sono figlio d’arte. Mio padre aveva un’agenzia di pubblicità e ho deciso di occuparmi di cinema a un’età molto giovane, da quando avevo 13 anni. Poi il socio più giovane di mio padre volle fare anche lui cinema e lo convinse ad aprire una piccola casa di produzione che all’epoca faceva spot e nella quale ho cominciato proprio dal livello più basso, quello di runner. Diciamo che ho mangiato pane e pubblicità tutta la vita, fin da ragazzino. Avevo deciso di fare cinema accompagnando mio padre su un set pubblicitario abbastanza famoso, quello dell’Uomo in Ammollo per Bio Presto con Franco Cerri (i Boomer se lo ricorderanno). Long story short, dopo 16 anni in quella casa di produzione ero diventato bravo a fare il mio lavoro e decisi di continuare per conto proprio – come one man show. E così ho fatto tante campagne, anche internazionali, specializzandomi in location difficili e girando spot in tutto il mondo, dalla Groenlandia al Sahara, dalla Nuova Zelanda al Sud America. Quasi dappertutto.

Sono sempre stato incuriosito dalle cose nuove. Per questo ho deciso di partecipare alla prima web tv italiana, My-Tv, di cui sono stato socio e amministratore per un anno; mi sono anche occupato di web tv corporate, facendo le due più grandi in Italia, quelle di Enel e di Banca Intesa. Nel frattempo, continuando a fare spot ho capito che eravamo dei mediatori culturali tra la creatività e il business, e quindi potevamo fare anche altre cose che necessitavano di simili meccanismi, come eventi, tv, cinema. Così in Casta Diva, nata nel 2005, si sono cristallizzate tutte queste esperienze. È una società che vive di due attività principali: live communication e video production. La prima ingloba i mondi corporate e luxury, la seconda costituisce la verticale degli spot e dei programmi tv.”

 

Il vostro purpose recita: “We make things happen”. Come? E quanto è importante il fattore creatività?

“La creatività è fondamentale. Quando divenni un produttore indipendente, tra il 93 e il 97, la prima cosa che feci fu organizzare dei corsi di storytelling per i creativi pubblicitari italiani che ebbero un grande successo perché colmavano una lacuna. Non sapevamo scrivere bene delle sceneggiature cinematografiche brevi come quelle che servono per fare spot più compelling, più convincenti. Feci venire degli sceneggiatori americani bravissimi. E i risultati si sono poi visti: ’la qualità degli spot italiani è indubbiamente cresciuta negli anni successivi. ‘We make things happen’ però non riguarda soltanto la creatività, ma indica il fatto che siamo concreti. In altre parole, la nostra creatività è realizzabile. Dobbiamo sempre fare i conti con la realtà, con la fattibilità delle idee che abbiamo in mente, altrimenti rischiamo di creare storie irrealizzabili. È molto meglio avere un’idea semplice e realizzarla al massimo livello possibile date le risorse disponibili, piuttosto che un’idea più articolata, ma realizzare le famose nozze coi fichi secchi.”

 

Vostro punto di forza sono sicuramente gli eventi di larga scala. Quali sono i pilastri per un’esperienza di successo indimenticabile?

“Bisogna sempre mettersi nei panni dello spettatore, del partecipante. Quando invitiamo le persone a un evento, diamo loro uno stimolo che produce un’esperienza, di qualche ora o qualche giorno. Ecco, ogni fase, ogni tappa, ogni esperienza del viaggio dello spettatore all’interno dell’evento deve essere monitorata e consapevolmente costruita. È questo il segreto, se così vogliamo dire, il pilastro portante del nostro mestiere, capire che cosa prova la persona, che cosa vede, sente, odora, percepisce, e chi incontra, in quale contesto. Ciascuna di queste cose fa sì che l’evento possa essere o meno coerente con i valori che vogliamo comunicare, che possa essere o meno convincente per chi lo vive, e soprattutto che possa o meno diventare memorabile. Se vogliamo fare bene il nostro lavoro dobbiamo accuratamente scegliere ogni singolo ingrediente di ogni singola tappa di questo viaggio. Sembra facile, ma non lo è. Anche perché tutto ciò va fatto in un tempo breve e tenendo conto di molte variabili e costrizioni. Bisogna combattere a volte a fianco (e a volte anche contro) gli stakeholder dell’evento (clienti, fornitori, professionisti) per far sì che l’esperienza dello spettatore sia quella che abbiamo studiato e inventato.” 

 

Di che cosa c’è bisogno per valorizzare la filiera della comunicazione corporate?

“Occorre che i nostri decision maker, dai politici ai clienti, si rendano conto che chi fa spot o eventi aiuta concretamente l’Italia ad arricchirsi e a esprimere il proprio potenziale. I medici e i paramedici, tanto preziosi durante la pandemia, si formano nei congressi medici, che sono degli ‘eventi’. Il Made in Italy conquista il mondo grazie alle fiere, alle sfilate, ai saloni del design, che sono tutti ‘eventi’. E altri ‘eventi’ come l’Expo di Milano o le prossime Olimpiadi invernali di Milano Cortina (come fu per quelle di Torino, anni fa) riescono a cambiare l’economia e l’immagine di intere città e regioni. A volte siamo considerati poco più che saltimbanchi, non abbiamo protezione per le nostre IP (Intellectual Properties), se chiudiamo una strada o una piazza la gente ci dice ‘Noi dobbiamo lavorare’, come se noi stessimo invece perdendo tempo. Ecco: dobbiamo cambiare questa mentalità ristretta che è purtroppo diffusa anche nelle alte sfere della politica italiana. Conto però che un evento come Milano Cortina, che segue dopo un decennio il successo dell’Expo di Milano, contribuirà a far apprezzare di più il nostro mestiere, che aiuta concretamente una nazione come l’Italia a esprimere e a diffondere il proprio straordinario soft power nel mondo.”

 

E le aziende cosa vogliono?

“Sono poche quelle che hanno le idee molto chiare e di solito si rifugiano in frasi fatte, alla ricerca dell’effetto wow, delle mode del momento – come l’evento sostenibile o l’evento inclusivo. Chi riceve il briefing non deve accontentarsi di queste indicazioni generiche, ma deve approfondire ciò che serve davvero all’azienda, deve capire in che momento dell’azienda, e in che atmosfera si cala l’evento e in che condizioni psicologiche è il target a cui è destinato. Sono queste le cose che fanno la differenza, capire la psicologia e di conseguenza saper creare l’entusiasmo di chi partecipa.”

 

Come evolverà il business – ma più in generale il settore – degli eventi e della live communication? Pensiamo, per esempio, anche al fattore emotivo e al tipo di esperienze che le aziende, da un lato, vogliono trasmettere e che le persone, dall’altro, ricercano.

“Sinceramente, non so come evolverà, nessuno ha la sfera di cristallo. Durante la pandemia sono stati molti gli eventi virtuali, tanto che siamo arrivati un po’ tutti a pensare che quello sarebbe stato il futuro del settore. Così non è stato, anzi siamo tornati molto rapidamente, dopo due anni in cui non ci si poteva toccare, alla fisicità dell’incontro. Gli eventi virtuali non sono spariti, ovviamente, ma oggi occupano uno spazio meno importante e forse è stato sbagliato pensare che quello sarebbe stato il futuro. Certo, la tecnologia aiuterà a creare delle emozioni più memorabili; pensiamo a esperienze di virtual reality, alle esperienze immersive, come quelli nei virtual volume, ovvero spazi foderati di luci a LED che danno l’impressione di essere all’interno di una location diversa da quella scatola trasportandoci su Marte, nel Grand Canyon, in Alaska o nel Sahara. Sono esperienze che regalano emozioni. Vero è che tutti questi tipi di esperienze perdono il fascino iniziale, diventano scontate dopo poco tempo a causa della facilità che abbiamo ad abituarci rapidamente alle novità. Per questo c’è sempre bisogno di trovare nuove idee da mettere in pratica e sempre nuovi modi per far emozionare le persone.

Noi, per esempio, stiamo lavorando molto con l’intelligenza artificiale nel campo dei nostri eventi e delle nostre produzioni video. Io stesso sono uno dei fondatori e il presidente della Web3 Alliance, un consorzio di aziende che si occupano delle tecnologie abilitate dal Web3, quindi IA, virtual reality, augmented reality, blockchain, NFT, Internet of Things. L’IA è una rivoluzione straordinaria e, al pari di Internet negli anni ‘90, rivoluzionerà il nostro mondo, quello degli eventi e quello della produzione video. Al di là dei rischi che comporta, che penso siano noti a tutti, può costituire una grande occasione di democratizzazione della creatività. Oggi chiunque abbia accesso a questa tecnologia può produrre video e molti altri materiali quasi gratis, online, in un tempo ridicolmente breve. Lo user generated content è esploso e ha invaso lo spazio virtuale. Oggi chiunque sia capace di sfruttare bene il proprio talento può crearsi un lavoro (e a volte diventare addirittura milionario) spendendo quasi zero per i mezzi di produzione. L’IA unita alla creatività delle singole persone, sempre indispensabili, può aiutare a svelare nuovi talenti, facilitandoli nella produzione dei loro contenuti. Da questo punto di vista sono molto ottimista: nuove cose ci aspettano e anche molto eccitanti.”

 

 

di Susanna Fiorletta