Da CSR a corporate activism: il nuovo modo di fare impresa

CORPORATE ACTIVISM: AZIENDE CHE FANNO LA DIFFERENZA

di Aurora Glandi, studentessa di Strategic Communication, Università IULM

I consumatori di oggi sono sempre più consapevoli dell’impatto dei loro acquisti sul sistema economico e sulla società. La crisi climatica ha contribuito a questa crescente attenzione verso scelte più oculate e sostenibili, spingendo a ridefinire il concetto di valore. Oltre alla qualità del prodotto e alle sue prestazioni ora si considera il valore anche in termini di impatto sociale. Ma è sufficiente per le aziende dichiarare un brand purpose? Gli stakeholder, quali gli investitori e i consumatori, non si accontentano più di parole.

La responsabilità sociale d’impresa (CSR) non è più abbastanza. Si è aperto un nuovo scenario, quello del corporate activism, un approccio strategico che spinge le aziende ad abbracciare tematiche sociali, ambientali, politiche ed economiche, traducendo le parole in azioni concrete verso il perseguimento del bene comune. Si tratta di un impegno profondo che coinvolge l’intera organizzazione.

L’odierno scenario geopolitico dimostra quanto le aziende giochino un ruolo centrale nel veicolare messaggi di carattere morale e in ultima istanza, un mezzo potentissimo per generare cambiamento. Ecco spiegata la richiesta di azioni concrete, soprattutto da parte dei consumatori.

In passato le aziende potevano rimanere neutrali su questioni controverse e concentrarsi sulla qualità del prodotto. Oggi, invece, non prendere una posizione può comportare gravi conseguenze, tra cui crisi aziendali e perdite di opportunità di crescita. Soprattutto le nuove generazioni, come i Millennials e la Generazione Z, si aspettano che le aziende assumano una posizione chiara su questioni sociali e ambientali.

Lego e Nike mostrano due esempi di come una campagna di brand activism sincera, possa fare la differenza e migliorare la brand reputation. 

Lego, con la campagna Rebuild the World si rivolge alle madri dei più piccoli dimostrando una profonda sensibilità nei confronti dei disagi psicologici scaturiti dal periodo di lockdown e sottolineando con forza che, nonostante le restrizioni globali, la creatività dei più giovani non ha conosciuto limiti. L’azienda offre l’opportunità di immergersi in un universo immaginario, intriso di gioia e spensieratezza, invitando tanto i giovani quanto gli adulti a liberare la propria fantasia e contribuire attivamente alla costruzione di un mondo nuovo, caratterizzato da elementi fantastici e suscettibile di ammirazione da parte di tutti e di condividere tutto questo con l’azienda in prima persona. Il risultato lascia tutto il mondo senza parole: a novembre 2020 Lego espone un mappamondo alto quattro metri nella sua Lego House in Danimarca, interamente fatto di con le creazioni di mattoncini inviate dai bambini.

Un altro esempio di brand activism viene portato in scena da Nike, con la campagna pubblicitaria che vede protagonista il quarterback Colin Kaepernick che si schiera contro il razzismo e contro le ingiustizie, veicolando un grande messaggio di forza con “Believe in something even when it means sacrificing everything” e dando ancora più valore al loro celebre motto “just do it”. La campagna ha avuto una portata mondiale e ha permesso al brand di avvicinarsi anche al pubblico più sensibile.

L’allineamento tra brand purpose e azioni aziendali risulta fondamentale e deve essere autentico, rispecchiando i valori profondi dell’azienda. Solo così si può costruire una vera connessione con i consumatori, dimostrando un impegno sincero verso il cambiamento positivo. Il brand activism richiede sincerità, coraggio e una volontà reale di fare la differenza nel mondo. Le aziende devono intraprendere azioni concrete che riflettano i loro valori e che contribuiscano al bene comune.