DIPLOMAZIA PUBBLICA E ORGANIZZATIVA: NUOVE PRATICHE PER STATI E ORGANIZZAZIONI

BRAND ITALIA, IL PAESE CHE SI RACCONTA

di Anne-Marie Cotton, Artevelde University of Applied Sciences – Gand

La comunicazione di pensieri e idee fra Stati (e in misura crescente con le organizzazioni internazionali) è un processo necessario per l’esistenza della diplomazia. La diplomazia è stata, fin dalla notte dei tempi, un’arte della comunicazione. L’Ambasciatore Calvet de Magalhães ha definito la diplomazia “uno strumento di politica estera per l’instaurazione e lo sviluppo di contatti pacifici tra i governi dei diversi Stati, utilizzando intermediari reciprocamente riconosciuti dalle rispettive parti” (1982, p. 88). 

In questo senso, le nazioni utilizzano i media per diffondere le opinioni dei leader che a loro volta sono seguiti nell’ambiente sociale. Nell’era digitale, la diplomazia è definita dalla capacità di sviluppare relazioni e comunità, dalla dipendenza dai contenuti e dal feedback generato dai diversi pubblici e dalla creazione di reti di relazioni trasversali piuttosto che gerarchiche.

Il fattore più importante di questo “nuovo” periodo della diplomazia sono le reti sociali. I governi devono trovare e padroneggiare l’uso di nuovi canali di comunicazione e la costruzione di relazioni attraverso una sorta di “diplomazia pubblica di rete” con un carattere globale. Sempre più spesso, infatti, le reti di individui e i flussi di comunicazione che si stabiliscono nei nuovi canali di comunicazione influenzano la diplomazia pubblica e organizzativa a breve e lungo termine, offuscando sempre di più i confini tra il pubblico nazionale e quello internazionale. Dopotutto, la forza lavoro non è più composta solo da cittadini nazionali, e i cittadini stranieri creano percezioni sulle politiche e sui comportamenti degli Stati. Queste percezioni sono condivise utilizzando tutti i tipi di canali di comunicazione. 

Più di tutto, questo nuovo ambiente comunicativo implica una perdita di controllo da parte degli Stati e delle organizzazioni rispetto ai loro sforzi di diplomazia pubblica e organizzativa, e una perdita di efficacia se questi sforzi non sono integrati in un ampio senso di appartenenza e interdipendenza mondiale.

Anche se gli stati e le organizzazioni utilizzano tutte le risorse per costruire un forte brand di se stessi, presentando un’identità competitiva nelle campagne mediatiche e nelle azioni politiche, la percezione del pubblico può andare oltre le loro intenzioni. Anholt (2015) associa identità competitiva a posizione, credibilità e soft power. La posizione nazionale ha quattro attributi principali: moralità, estetica, forza e rilevanza. La combinazione di questi attributi definisce il tipo di potere, influenza, attrattività e autorità che un paese esercita sull’immaginario pubblico e sulla realtà. 

Pertanto, questi attributi devono essere presi in considerazione quando lo Stato “si presenta” ai cittadini e ai pubblici in generale che si trovano nelle reti sociali per consentire una percezione positiva e ottenere il loro sostegno. Insomma, le percezioni diffuse delle persone contano sempre di più in diplomazia e questa prospettiva ha assunto un nuovo significato. 

La democratizzazione dell’accesso alle informazioni ha trasformato i cittadini globali in osservatori indipendenti e partecipanti attivi nelle arene internazionali, capaci di esercitare influenza su questioni culturali, sociali e politiche. 

Per concludere nelle parole di Melissen (2005, p. 24): “le questioni alla base della società civile sono diventate il pane e il burro della diplomazia ai massimi livelli“.