I GIOVANI TRA COMUNICAZIONE POLITICA, FAKE NEWS E LIBERTÀ DI ESPRESSIONE

POLITICA E SOCIAL NETWORK: ETICA, PARTECIPAZIONE E POLARIZZAZIONE

di Valeria F. Bolis, studentessa di Strategic Communication dell’Università IULM

Parlando di comunicazione politica si fa riferimento al trittico politica-media-cittadini. Sebbene sistema politico e cittadini possano comunicare tra loro direttamente (campagne elettorali, sistema di voto), spesso intervengono i media. Non a caso il giornalismo gode di particolare protezione come garante della democrazia e watchdog del sistema politico, consentendo ai cittadini di interagire con esso, prendere decisioni informate e rendere conto ai leader. Questa funzione è da tempo un pilastro di molti sistemi democratici. Basta guardare la Costituzione italiana, quella americana, nonché fonti di legge quali la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e il Trattato di Nizza: tutte definiscono la libertà di espressione un diritto fondamentale, nella triplice accezione di libertà di esprimere la propria opinione, trasmettere informazioni, e riceverne.

Tuttavia, la diffusione dei social media e la democratizzazione del giornalismo hanno permesso alle fake news di diffondersi più rapidamente di prima, confondendo i confini tra informazione e disinformazione. Il rapporto tra queste e la comunicazione politica è simbiotico: le fake news possono plasmare l’opinione pubblica, influenzando la percezione dei cittadini rispetto agli eventi politici e le decisioni alle urne, con il potenziale per deviare l’attenzione da questioni critiche e promuovere narrazioni inventate. Di conseguenza, la libertà di espressione è altamente compromessa così come ricevere informazioni, poiché la loro qualità è spesso scarsa.

Guardando ai giovani, il problema si aggrava: tra i temi caldi, infatti, si trovano il cambiamento climatico e la difesa dei diritti delle minoranze, che sono oggetto di forte sensazionalismo e manipolazione, talvolta da parte dei politici stessi. Non stupisce dunque che il disinteresse nella politica sia tanto diffuso: secondo l’Istat, nel 2020 si collocava al 26.5% tra i giovani nella fascia 25-34 anni, al 29.7% in quella 20-24 e al 32.4% per i giovanissimi tra i 18 e i 19 anni. Questa tendenza è stata poi confermata dai dati sulle elezioni di settembre 2022, durante le quali l’Osservatorio Politico Nazionale ha riportato il 39.8% di astenuti nella fascia 18-24 anni e il 40.5% in quella 25-34. Una scelta da un lato non giustificabile, in quanto vuol dire auto-privarsi di un diritto fondamentale che diventa difficile da difendere, ma dall’altro che non si può biasimare, data la tangibile difficoltà nel reperire informazioni credibili, nel credere alle informazioni che si trovano, e nel formare una propria opinione a riguardo.

L’Ue stessa fatica a trovare un compromesso efficiente per legiferare sulle fake news, in particolare sui social media. Questo perché sono piattaforme private, sulle quali è difficile per un governo agire direttamente, e nate negli Stati Uniti, con una visione di libertà d’espressione improntata maggiormente al laissez faire rispetto a quella europea. Nonostante ciò, l’Ue riconosce le fake news come minaccia pubblica che rischia di destabilizzare intere società e sistemi politici. Inoltre, secondo l’Eurobarometro 464, l’80% degli stessi cittadini europei le considera un attacco alla democrazia. 

L’Ue ha richiesto infatti a piattaforme come Meta di riconoscere il proprio ruolo pubblico e di prendersi la propria parte di responsabilità per evitare epidemie di disinformazione. Un esempio è il Codice di condotta rafforzato sulla disinformazione del 2022, con il quale le quarantaquattro piattaforme firmatarie hanno scelto di autoregolarsi seguendo gli orientamenti della Commissione europea, riducendo la visibilità delle fake news, demonetizzandole ed educando l’utente a cercare fonti attendibili.

Non sono quindi ancora state messe in atto soluzioni definitive e su larga scala, per questo sono nate pagine di informazione peer-to-peer come Factanza o Torcha in Italia: create da giovani per i giovani  si occupano di diffondere informazioni su temi di attualità in maniera semplice, coinvolgente, e il più trasparente possibile. Da un lato questo livello di mediazione aggiuntivo potrebbe ulteriormente ridurre la trasparenza e obiettività delle informazioni. Dall’altro, è senza dubbio una prima soluzione al problema, dando ai giovani un canale ad hoc attraverso cui esercitare i loro diritti fondamentali.

In conclusione, è necessario aprire un dibattito collettivo che miri a risolvere la questione: se oggi i giovani non sono coinvolti nel dialogo politico, come saranno i politici di domani?