I GRANDI EVENTI E IL PATRIMONIO MATERIALE E IMMATERIALE DEL TERRITORIO

GRANDI EVENTI | UNA RICCHEZZA CULTURALE ED ECONOMICA

di Ludovico Fois, Consigliere per le Relazioni Esterne e Istituzionali e Responsabile Comunicazione ACI

 

La prima domanda che si deve porre la comunicazione, nella sua funzione strategica, di fronte alla pianificazione di un grande evento, è una soltanto: qual è il “purpose” dell’evento stesso (culturale, sportivo, fieristico commerciale o di altra natura). 

Si tratta di un concetto fondamentale per il marketing strategico. Bisogna partire dallo scopo fondante del grande evento e dalla sua capacità di distinguersi e caratterizzarsi generando valore, anche di lungo termine, per tutti i portatori di interesse (stakeholder), dai visitatori ai cittadini del territorio ospitante, dalle imprese coinvolte nelle filiere di settore a chi lavora al suo svolgimento. I grandi eventi hanno più facilità di successo quando sono correlati alla vocazione e alla storia del territorio ospitante, se ne sono una naturale espressione, proprio perché generano valore per i principali stakeholder. 

Abbiamo un esempio lampante nel Motorsport, dove i Gran Premi più longevi e più fortunati in termini di audience sono da sempre quelli radicati in territori e paesi con una lunga storia di passione sportiva e motoristica. Se pensiamo al GP di Monza, il più antico circuito al mondo in cui ancora si disputano gare di Formula 1, o a Imola, simbolo della straordinaria unicità produttiva di quell’ecosistema che si chiama Motor Valley. 

Questo accade perché l’evento, pur di valore mondiale, si fonde in quel territorio con un intreccio unico di storia e cultura autentiche, presenti, attuali, che ancora pulsano e sono in grado di generare un moltiplicatore straordinario di engagement. Ne sono cartina al tornasole i tanti tentativi falliti di “esportare” dei Gran Premi di F1 in territori completamente privi di quel tessuto di passione e competenze. Nonostante gli sforzi e gli investimenti profusi, sono quasi sempre naufragati dopo pochi anni nell’indifferenza più generale. 

Poche le eccezioni, tra cui Miami, su cui però insiste un combinato disposto differente. Gli Stati Uniti sono da sempre un Paese a forte vocazione motoristica (campionati Nascar, circuiti come Indianapolis, Talladega, etc.) e il nuovo owner statunitense di F1 (Liberty Media), ha saputo imprimere un nuovo paradigma di entertainment perfettamente in linea con il gusto degli sportivi americani, che ne ha dunque incrociato le aspettative sicuramente più dell’aspetto meramente agonistico e tecnico-sportivo. Anche in questo caso, il corretto communication mix ha dunque centrato l’obiettivo.

La comunicazione, quindi, esprime tutta la sua capacità strategica proprio quando, partendo dal “purpose”, coinvolge “intimamente” la cittadinanza rendendo l’evento una manifestazione dell’intera comunità e, se presente, della sua vocazione. Ecco perchè il GP di Monza non potrebbe essere da un’altra parte, esattamente come Imola, o come Montecarlo. 

Se parliamo di sistemi fieristici, ad esempio, non si può non rimarcare che i più funzionali siano a Milano, Bologna, Rimini, Verona e Vicenza: tutti territori dalla forte vocazione produttiva e manifatturiera. Il Salone dell’auto era a Torino, permane a Monaco di Baviera, Detroit, Parigi. In questo senso si può introdurre il rapporto con la cultura materiale e immateriale del territorio, della comunità che lo compone, ma forse si rischia di volare troppo in alto. 

Resta il fatto che il patrimonio culturale, che comprende congiuntamente il patrimonio materiale e immateriale espressione delle comunità che risiedono sul territorio, è certamente un primo legame con un determinato evento da cui eventualmente partire. Un territorio con bassa tradizione nella cultura musicale o delle arti in generale, farà certamente più fatica a diventare un punto di riferimento per mostre o festival musicali, a meno che non metta in campo una straordinaria bellezza (anch’essa un patrimonio) dei luoghi o delle architetture che facciano leva sulla partecipazione.

Va inoltre ricordato come il coinvolgere – per la comunicazione – significhi far aderire ai valori espressi dall’evento, farli condividere, e spingere, ad esempio, gli sponsor a voler sposare questi valori per farli propri aumentando la propria notorietà e autorevolezza attraverso essi.

La comunicazione strategica, quindi, è l’attività che svolge la funzione di indirizzare tutti i diversi pubblici di riferimento alla partecipazione, da semplice spettatore come da protagonista, elemento chiave del successo: basti pensare per i grandissimi eventi quali le Olimpiadi al ruolo delle migliaia di volontari, senza i quali lo svolgimento sarebbe impossibile. E tuttavia, anche in questo caso, il seguito sui media deriva in parte dalle attività di comunicazione messe in campo. 

Traendo le conclusioni, la capacità di un evento di raggiungere gli obiettivi di sviluppo culturale prefissati, rilevanza economica e sostegno di un territorio, deriva da molteplici fattori ed è espressamente una funzione della comunicazione (in connubio con il marketing strategico) individuarli, analizzarli, renderli funzionali per poter poi attivare nel modo migliore i suoi strumenti operativi.