IL BRAND ITALIA TRA TURISMO E CREATIVITÀ CONTEMPORANEA

BRAND ITALIA, IL PAESE CHE SI RACCONTA

di Martha Friel, Università IULM

Febbraio 2023. A Milano si sono appena chiuse le porte della BIT, la borsa del turismo – principale evento di settore insieme al TTG di Rimini – e la città si appresta a ospitare la Fashion Week. In un mese due eventi  assai distanti per utenza, impatto economico e mediatico che, però, misurano entrambi, in modo diverso, la temperatura del Brand Italia, da prospettive che seppur apparentemente distanti sono in realtà estremamente connesse culturalmente, economicamente e, sempre di più, anche strategicamente.

Da un lato il turismo rappresenta infatti l’indicatore più immediato per misurare l’attrattività del Brand Italia e la classifica annuale dei paesi più visitati al mondo rassicura sul fatto che il Paese continui a esercitare un grande potere attrattivo a livello internazionale, anche nel post pandemia. Se, infatti, nel 2019 il Paese aveva raggiunto il suo record turistico assoluto con 131,4 milioni di arrivi e 436,7 milioni di presenze, i dati relativi ai primi nove mesi del 2022 confortano su una netta ripresa del settore prospettando un 2023 di recupero quasi totale rispetto ai numeri pre-pandemici. Numeri che confermano per l’Italia una posizione di leadership a livello internazionale e una grande attrattività per i turisti stranieri.

Il bilancio dei primi nove mesi del 2022, infatti, è molto positivo, con circa 174 milioni di presenze di clienti italiani e 164 milioni di stranieri. Rispetto allo stesso periodo del 2019, mancano ancora circa 39 milioni di presenze, soprattutto estere, ma l’anno appena chiusosi ha comunque portato un’accelerazione della ripresa e anche un sostanziale riequilibrio delle due componenti della domanda, italiana e straniera, che si erano molto sbilanciate tra 2020 e 2021 con il boom del cosiddetto “turismo di prossimità”. 

Nel momento in cui, dunque, gli stranieri hanno potuto tornare a viaggiare, hanno nuovamente scelto l’Italia, portando nel Paese una grande ricchezza: nel 2021, ultimo anno per cui i dati sono disponibili, l’Italia è diventata il quarto paese al mondo per entrate turistiche, ampliando la propria quota di mercato dal 3,6 al 4,2% (Banca d’Italia, 2022).

Tabella 1. Arrivi e presenze e permanenza media negli esercizi ricettivi, primi 9 mesi dell’anno

Valori assoluti 2022 (migliaia) Var. % 2022/2019
  Arrivi Presenze Permanenza media Arrivi Presenze Permanenza media
Italiani 47.162 173.967 3,69 -12,1 -6,7 0,21
Stranieri 41.852 163.925 3,92 -23 -13,8 0,42
Totale 89.014 337.892 3,8 -17,6 -10,3 0,31
Fonte: Istat, 2023

La riconoscibilità internazionale della cultura materiale e immateriale dell’Italia gioca un ruolo fondamentale per questa economia turistica. Lo dicono da decenni gli studi di settore e anche i dati sulla spesa dei viaggiatori stranieri in Italia che mostrano come nelle città d’arte, e quindi nelle destinazioni culturali, si concentri circa un terzo della spesa totale.

Figura 1. Spesa dei viaggiatori stranieri in Italia per motivo di viaggio, 2021

Fonte: Banca d’Italia, 2022

Certamente, l’unicità dei centri storici delle città d’arte grandi e piccole, le mostre, i festival, la programmazione delle grandi istituzioni culturali italiane – dalla Biennale a Venezia alla Scala a Milano – attraggono infatti ogni anno un vastissimo pubblico internazionale. Ma l’attrattività culturale dell’Italia, e più in generale, il suo soft power, non può essere limitato a questa ricchezza, pur straordinaria. Quello che i numeri fanno più fatica a mostrarci, infatti, è anche la grande attrattività turistica di una serie di altri elementi caratterizzanti dell’Italian Way of Life.

Se, infatti, il turismo legato alle città d’arte, alle mostre, ai musei, al patrimonio UNESCO, agli eventi è in qualche modo più “facile” da monitorare; più complesso è andare a valutare come altre componenti della cultura e del saper fare italiano, ampiamente riconosciute all’estero, impattino sull’attrattività dell’Italia. In altre parole, si tratta di capire come le industrie creative e della manifattura Made in Italy contribuiscono anch’esse alla riconoscibilità e attrattività dell’Italia all’estero e a sostenere la competitività turistica del Paese diventando talvolta esse stesse il fulcro di un nuovo turismo culturale e creativo.

I nuovi turisti culturali alla scoperta del Made in Italy

Già prima della pandemia, infatti, la domanda turistica stava vivendo una profonda trasformazione – in termini di qualità, di aspettative e di provenienze dei viaggiatori – visibile anche nel segmento culturale, sempre più frammentato e complesso, caratterizzato da una sovrapposizione di motivazioni e di interessi. Una mutazione accentuatasi poi con la pandemia che ha spinto ancora più le persone a viaggiare per le proprie passioni, alla ricerca di esperienze autentiche e significative e di benessere fisico, sociale, intellettuale.

In questo contesto, le industrie culturali e creative (ICC) – design, moda, artigianato, industria del gusto, ossia i settori forti del Made in Italy – giocano un ruolo sempre più fondamentale nel soddisfacimento di questi bisogni del turista culturale contemporaneo e nell’innovazione del tradizionale prodotto turistico-culturale italiano, attraendo importanti flussi sui territori.

Lo dimostrano il boom del turismo enogastronomico o il crescente interesse nei luoghi della produzione che sono diventati, negli ultimi anni, oggetto di grande interesse per i turisti alla ricerca di esperienze autentiche di territorio e curiosi di vedere con i propri occhi e sperimentare in prima persona le storie delle aziende e quelle dei prodotti.

Capire come nasce un prodotto, come è organizzata un’attività manifatturiera, conoscere le aziende che operano nel territorio dell’area sono motivatori di viaggio per un numero sempre maggiore di turisti. Una domanda interessante che non sempre trova piena risposta nell’offerta (le cose però stanno rapidamente cambiando) in termini di prodotti strutturati, servizi di accoglienza organizzati ecc., anche se, nell’ambito della promozione dei prodotti delle industrie creative e del “made in” a fini turistici, molte destinazioni si stanno attrezzando per costruire sistemi di offerta integrata. 

I brand del Made in Italy per l’attrattività dei territori

Le immagini e i valori associati a uno specifico prodotto (e all’azienda che lo produce) si sovrappongono e si radicano nel luogo da cui il prodotto proviene, in un circuito virtuoso tra “place in product” e “product in place“, citando Molotch.

La visibilità e la storia di un prodotto o di un’azienda possono dunque guidare la scoperta del territorio in cui il prodotto o azienda ha origine. È il caso di aziende come Ducati, Ferrari, Lamborghini, Pagani e tanti altri storici marchi automobilistici italiani i cui musei e siti produttivi attirano ogni anno centinaia di migliaia di appassionati da tutto il mondo. L’attrattività delle aziende automobilistiche italiane ha stimolato nel tempo anche la creazione di un vero e proprio prodotto turistico, quello della Motor Valley, coordinato da Motor Valley Development che riunisce all’interno del progetto “La Via Emilia – Vivi lo stile di vita italiano” i principali marchi automobilistici, i musei d’impresa, le collezioni private, i circuiti, le autoscuole e gli organizzatori di eventi del settore motoristico dell’Emilia-Romagna. 

Puntare sul turismo del Made in Italy e dell’Italian Way of Life consente così alle destinazioni di sviluppare e rafforzare i rapporti con le aziende locali, capitalizzando gli investimenti talvolta anche molto significativi che queste realizzano in termini di comunicazione, servizi e infrastrutture culturali a livello locale: si pensi, per esempio agli spazi culturali creati da brand della moda come Prada, Armani, Ferragamo, o ancora, agli investimenti in arte, design e architettura dei grandi produttori italiani di vino come dimostra la rete dei “templi del vino” progettati da grandi maestri dell’architettura contemporanea di “Toscana Wine Architecture”.

Per le aziende del Made in Italy, l’apertura al turismo offre invece un’importante opportunità per comprendere meglio il valore del prodotto agli occhi del cliente-turista, per creare un legame tra il visitatore e il brand, e anche per promuovere la conoscenza diretta del lavoro e della cultura industriale. Interessanti implicazioni delle attività turistiche includono l’attivazione di processi virtuosi di comunicazione interna sui valori e sulla cultura aziendale, nonché sulla storia e sul patrimonio dell’impresa, grazie al coinvolgimento di dipendenti, lavoratori e dirigenti nelle attività di interfaccia con il pubblico. Senza contare che i paesi di esportazione di molti prodotti della creatività italiana sono gli stessi mercati turistici di riferimento per l’Italia ossia Germania, Francia, USA, oltre a numerosi mercati emergenti.

Tabella 2. Confronto tra principali paesi per spesa turistica in Italia e paesi a più alto potenziale per il bello e ben fatto italiano (BFF)

Primi 5 paesi per spesa turistica in Italia miliardi di euro Primi 5 paesi avanzati a più alto potenziale per il BFF italiano Potenziale sfruttabile (miliardi di euro)
Germania 4 USA 15,5
Francia 2,8 Germania 5,2
Austria 1,7 Francia 4,4
Svizzera 1,4 Regno Unito 4
USA 1,3 Corea del Sud 4,4
Fonte: Banca d’Italia, 2022; Centro Studi Confindustria, 2021.

Per alcuni settori questa sovrapposizione è particolarmente evidente come nel caso del sistema del gusto dove la coincidenza tra mercati di esportazione del food italiano e principali mercati turistici dell’Italia è quasi perfetta.

I rapporti di filiera 

Le industrie creative e del Made in Italy non sono però solo qualcosa di immediatamente evidente e turisticamente fruibile: esse danno infatti un contributo importante anche nell’offrire beni e servizi intermedi all’industria turistica in una logica B2B alimentandone i processi di innovazione. Questa centralità delle industrie creative per la costruzione di prodotti e servizi turistici si sviluppa in un reticolo di collaborazioni tra i due settori, più o meno intesi.

Così è avvenuto per esempio per il settore dell’ospitalità. L’industria alberghiera e tutto il settore dell’extra alberghiero è stato negli ultimi anni alle prese con una complessiva riprogettazione del servizio. Non si è trattato solo di un ripensamento dei modelli di business, il settore dell’ospitalità è stato dagli anni 2000 un laboratorio di sperimentazione privilegiato per il service design, per l’experience design, per l’architettura, per la tecnologia, per nuove combinazioni con la moda, l’artigianato e molto altro.

Il connubio “hotel” e “design”, “hotel” e “moda” si è dimostrato strategico sia per rilanciare il concetto di ospitalità di lusso sia per creare nuove opportunità di intervento e di ricerca per architetti, designer, chef, sia per strutturare un sistema autoalimentante di promozione del Made in Italy e della creatività italiana sui mercati esteri. L’ingresso nel mondo degli alberghi da parte delle grandi maison della moda risponde a scelte strategiche di category extension e di posizionamento del brand che solo in parte hanno a che fare con lo sviluppo vero e proprio del turismo, nondimeno costituiscono un esempio interessante delle opportunità comuni tra due settori, basti pensare alle esperienze di Bulgari, Armani e molti altri.

I casi di design, arte e moda sono solo esemplificativi, ma il contributo anche di altre industrie creative al turismo è evidente: dal sistema del gusto all’artigianato. La già citata collaborazione tra sistema del wine & food e quello dell’architettura, per esempio, sta favorendo l’allargamento del turismo del vino a un più ampio pubblico di turisti culturali. Ciò è particolarmente evidente in quei territori che sono stati in grado di capitalizzare la proattività delle aziende vitivinicole e di introdurre elementi esperienziali e culturali nel sistema di offerta privato e pubblico sfruttando così, a proprio vantaggio, l’esigenza sempre più sentita dalle cantine di creare un legame col cliente non solo sulla base del prodotto ma anche dell’esperienza del bere attraverso, per esempio, l’architettura e il design dei luoghi di produzione, la valorizzazione del paesaggio viticolo circostante e l’organizzazione di pacchetti di offerta che abbinano ospitalità, benessere, natura.

La mappatura di queste interazioni intersettoriali sul fronte dei rapporti di filiera e di promozione è quindi fondamentale da diversi punti di vista e va attentamente presidiata per favorirne gli scambi e le interazioni in termini di sviluppo di prodotto, innovazione di processo e, naturalmente, di promozione e branding.