IL MOBBING: UN FENOMENO DA NON SOTTOVALUTARE

D&I, IL VALORE DELLE DIVERSITA'

di Marcello Caione, Direttivo AGOL

Il fenomeno del mobbing: quando il lavoratore non viene incluso nel contesto lavorativo

Spesso, si sente parlare di mobbing, anche detto mobbismo – dal verbo inglese to mob «attaccare, assalire, molestare» – che, nell’accezione moderna, indica una forma di abuso che si manifesta attraverso un insieme di comportamenti aggressivi, di natura fisica e/o verbale, esercitati da una persona o da un gruppo di persone nei confronti di uno o più soggetti.

Il vocabolo mobbing, originariamente utilizzato in ambito animale per descrivere il comportamento di aggressione del branco nei confronti di un animale o esemplare isolato, ha assunto, nel tempo, una valenza metaforica, determinata a descrivere una situazione di terrore psicologico dovuta all’isolamento della vittima – solitamente il lavoratore dipendente – di fronte all’ostilità degli altri.

In ambito lavorativo, alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, il termine venne utilizzato, per la prima volta, dallo psicologo tedesco Heinz Leymann che lo definì come: «una forma di terrorismo psicologico che implica un atteggiamento ostile e non etico posto in essere in forma sistematica – e non occasionale o episodica – da una o più persone, eminentemente nei confronti di un solo individuo, il quale, a causa del mobbing, viene a trovarsi in una condizione indifesa e fatto oggetto di una serie di iniziative vessatorie e persecutorie».

Il mobber e il “mobbizzato”

Può dirsi che il mobbing è una situazione bilaterale, che coinvolge necessariamente due parti, da un lato il mobber (o aggressore) e dall’altro il mobbizzato (o vittima).

Il mobber è un soggetto che vessa i propri sottoposti o colleghi perché ha come obiettivo quello di affermare il potere; invero, generalmente soffre di un tipico disturbo narcisistico della personalità, assetato di successo. Spesso, ricopre la figura di caporeparto, dirigente o incaricato dell’organizzazione aziendale e, quando non riesce nel proprio intento, “scarica” la propria incapacità o insoddisfazione sugli altri.

Il mobbizzato, invece, potrebbe essere potenzialmente ogni lavoratore; infatti, non può individuarsi con sicurezza un tipo di personalità incline a diventare vittima di mobbing, in quanto ciò che fa realmente la differenza è l’ambiente persecutorio e ostile che la circonda. Tuttavia, alcuni individui sono più predisposti a essere mobbizzati e, solitamente, sono quelli appena inseriti in un nuovo contesto sociale o che appaiono “diversi” e appartenenti a una categoria minoritaria.

Le tipologie di mobbing e le possibili cause

Occorre evidenziare che non tutti i conflitti che sorgono in ambito lavorativo rientrano nel concetto di mobbingma solo le situazioni caratterizzate da specifici e determinati elementi oggettivi.

Al fine di individuare la sussistenza di tali elementi, è necessario indagare sulla frequenza delle azioni vessatorie e sul protrarsi del periodo di tempo nel quale vengono esercitate le pressioni psicologiche. 

In tal senso, già il Dott. Leymann stabilì che le molestie debbano ricorrere con una frequenza di almeno una volta la settimana e dilungarsi nell’arco di un periodo di tempo di almeno sei mesi.

Ciò posto, ad oggi, vengono individuati sei diverse tipologie: mobbing orizzontale, quando avviene tra colleghi o comunque tra individui di pari grado; mobbing discendente (o bossing), quando avviene tra un individuo superiore nei confronti di un subordinato; mobbing ascendente, quando avviene tra un individuo, o un gruppo di individui, subordinato nei confronti di un superiore; mobbing misto, quando avviene tra soggetti di pari grado o di gradi superiori o subordinati; mobbing strategico, quando è finalizzato all’allontanamento di uno o più persone dall’ambiente lavorativo; mobbing aziendale, quando l’azione mobbizzante è iniziata da un superiore e proseguita da un gruppo di lavoratori nei confronti di un singolo individuo.

Nel tempo, si è cercato di individuare una serie di condotte aggressive tipiche e sintomatiche del fenomeno. A titolo meramente esemplificativo e senza pretesa di esaustività, si può annoverare: il demansionamento; l’assegnazione di eccessivi carichi di lavoro; le frasi ingiuriose e le aggressioni verbali; l’assegnazione a turni e di mansioni deprecabili; l’isolamento da parte dei colleghi; il collocamento in postazioni di lavoro inidonee; il trasferimento illegittimo; l’abuso di controlli; il rifiuto arbitrario di riconoscimento del lavoro straordinario; l’esclusione ingiustificata dai benefit dovuti; la sottrazione di strumenti di lavoro; il rifiuto delle ferie o la loro sistematica collocazione in periodi non graditi; il rifiuto immotivato della concessione di permessi; il licenziamento ingiustificato.