LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE AI TEMPI DEI SOCIAL MEDIA

POLITICA E SOCIAL NETWORK: ETICA, PARTECIPAZIONE E POLARIZZAZIONE

di Chiara Valentini, University of Jyväskylä

Quando pensiamo alla comunicazione politica o pubblica, bisogna partire dal presupposto che la comunicazione pubblica ha una funzione un po’ diversa rispetto alla comunicazione politica dei partiti e degli attori politici. La comunicazione pubblica, come le comunicazioni delle istituzioni, degli enti amministrativi, regionali o dei ministeri, dovrebbero avere uno stile di comunicazione neutra, orientata all’informazione, alla rendicontazione delle attività che questi enti svolgono. Quindi una comunicazione in un certo senso, difficile da trasmettere via social. 

La comunicazione sui social media, e online più in generale, non solo si svolge a un ritmo più veloce ma prevede una tipologia di messaggio diverso, spesso improntata a scandali o a contenuti divertenti. Quindi il contesto social non si adegua molto alla comunicazione delle istituzioni, più formali e burocratiche.

Invece, la comunicazione politica è più ibrida: da un lato svolge un tipo di informazione simile a quella della comunicazione pubblica, ma dall’altro ha anche un aspetto più di marketing, in quanto i politici in sé sono come dei prodotti, si devono vendere al pubblico –  ai cittadini – per attirare voti e consenso. Quindi i politici, e i partiti, vanno a utilizzare una tipologia di comunicazione molto più persuasiva, diretta, con l’obiettivo di accattivarsi media o i cittadini, utilizzando anche quelle tecniche di infotainment, mostrando aspetti divertenti e anche un po’ scandalistici. In Italia, per esempio, vediamo i nostri politici sempre più spesso utilizzare questo tipo di tecniche.

Negli ultimi anni, con l’avvento dei social media, e comunque con la diffusione di questi canali online, ci sono stati cambiamenti profondi nel modo di fare comunicazione politica e comunicazione pubblica e istituzionale. Entrambe si sono indirizzate a comunicazioni di contenuti più soft e meno formali. I politici e i partiti o comunque a livello di governo, hanno aumentato la tipologia di messaggi basati sul infotainment e di persuasione, utilizzando i canali social per aumentare la propria visibilità. 

La diffusione di questi messaggi ben si adatta al contesto social perché le persone che vanno sui social media non si aspettano di trovarsi un’informazione pacata o dettagliata, come quella che si legge in un articolo stampa. I social hanno offerto una nuova opportunità ai partiti e ai politici per comunicare e promuovere la propria immagine in maniera divertente e/o sensazionalistica. Hanno però anche aumentato situazioni di filter bubble in cui le persone sono continuamente esposte agli stessi discorsi, ritrovandosi poi ad ascoltare solo versioni parziali delle informazioni. Filter bubble che si sono dimostrate dannose per la democrazia e nel contesto-paese. 

Per gli enti pubblici l’avvento dei social come strumento di comunicazione è stato inizialmente difficile, ed è stato caratterizzato anche da un po’ di resistenza dagli amministratori pubblici. Adesso le amministrazioni hanno migliorato molto il loro utilizzo di questi canali, anche in maniera strategica, usandoli per informare i cittadini delle loro attività, fare marketing territoriale, ma anche per gestire la comunicazione in situazioni di crisi o di rischio e, in alcuni casi, anche come canali per i feedback e l’engagement coi cittadini. Ci sono numerosi esempi di comuni o amministrazioni che usano i social per ricevere input dai cittadini su servizi che non funzionano, strade con buche o cose di questo tipo. Insomma, nonostante la comunicazione social negli enti pubblici non abbia raggiunto gli stessi livelli di diffusione che negli enti privati, ci sono stati grandi passi avanti.

Allora, la domanda da porsi è: come fanno le istituzioni a garantire un messaggio coerente con la proliferazione di informazioni più informali da parte dei vari soggetti della politica? E’ importante sottolineare che quando parliamo di coerenza del messaggio non bisogna pensare letteralmente al concetto di creare una one voice all’interno e all’esterno di un’organizzazione. Molti studi recenti hanno dimostrato che gran parte delle comunicazioni interne ed esterne possono essere co-create anche dal basso, dalla partecipazione diffusa. Possono esserci variazioni dei messaggi, purché i valori siano mantenuti costanti e comunque che il risultato della comunicazione sia sempre rivolto a rafforzare il senso comune di quello che l’organizzazione veramente è, e fa. Quindi l’idea della coerenza assoluta nelle comunicazioni è un mito da sfatare anche nelle istituzioni pubbliche.  

Studi a livello Europeo mostrano la difficoltà per le organizzazioni pubbliche di mantenere questa one voice. Sebbene i cittadini preferiscono coerenza e chiarezza nelle comunicazioni istituzionali per avere un’idea chiara di quello che fanno tali istituzioni, le istituzioni pubbliche sono diverse, hanno funzioni e priorità diverse e hanno anche interessi diversi; queste diversità sono trasmesse attraverso comunicazioni con contenuti diversi e a volte opposti. Creare una one voice sarebbe artificiale e non servirebbe a queste istituzioni. 

A mio avviso, la coerenza nei contenuti delle comunicazioni dovrebbe essere mantenuta in certe situazioni; per esempio, in situazioni di crisi per evitare panico e reazioni esagerate. Nelle altre comunicazioni non è un problema che un’istituzione pubblica dica una cosa e un’altra ne dica una diversa, l’importante è che queste comunicazioni siano coerenti all’interno del proprio sistema-istituzione.

Una situazione potenzialmente problematica si ha invece quando i leader politici vanno per conto loro rispetto, per esempio, al partito. Di nuovo, non ci deve essere coerenza assoluta tra tutti i rappresentanti di un partito. Però all’interno del singolo partito, dove vengono decise priorità e valori condivisi si dovrebbe remare nella stessa direzione. Nel momento in cui un politico si discosta, genera forte confusione tra l’opinione pubblica. 

I social ampliano la visibilità di queste incoerenze. Queste forme di comunicazione informali e incontrollate, non essendo basate su valori comuni, riducono la percezione di coerenza del partito e hanno ripercussioni anche sulla percezione di efficacia e di preparazione di ciascun partito e/o politico e conseguentemente si perde in credibilità. Spesso, nel panorama italiano, abbiamo politici “celebrity” che vogliono farsi notare, con dichiarazioni disallineate e provocatorie sui social, senza poi pensare alle conseguenze per loro, il partito e il sistema politico italiano.

In generale quindi né la comunicazione politica né quella pubblica dovrebbero cercare di avere una one voice, intesa come sistema di comunicazione uni-vocale, piuttosto una comunicazione one purpose e value-based, la cui finalità è quella di allineare messaggi multipli e diversi a valori e obiettivi comuni. Mantenere dei valori o comunque degli elementi cardine all’interno delle varie tipologie di comunicazione e nei vari canali che rappresentano l’istituzione è fondamentale per garantirne il successo nel contesto social.