LA COMUNICAZIONE POLITICA TRA PERSONALIZZAZIONE E NUOVI MEDIA

POLITICA E SOCIAL NETWORK: ETICA, PARTECIPAZIONE E POLARIZZAZIONE

di Federico Boni, Università degli Studi Milano

La comunicazione politica è una disciplina che abbraccia un campo molto ampio di argomenti e di prospettive, come quelle della sociologia, della politologia, dei media studies, della semiologia e della psicologia, al punto da renderne i contorni di disciplina difficilmente delineabili.

La comunicazione politica ha avuto un grande input nel momento in cui si è legata soprattutto allo studio dei media. Quando parliamo di mediatizzazione della politica parliamo letteralmente di un processo di trasformazione: dato l’input della politica, essa passa attraverso la macchina dei media, e ne esce inevitabilmente trasformata. Per questo, è necessario guardare a questo fenomeno attraverso le lenti specifiche dei diversi media, con particolare attenzione, oggi è evidente, ai media digitali e ai social media.

Tutto quello che passa attraverso i media viene declinato in termini tendenzialmente narrativi, quindi con un prima, un durante, un dopo: ogni narrazione è sempre un atto di trasformazione, da un prima a un dopo. E proprio a causa di questo forte elemento narrativo, si crea anche un effetto di personalizzazione, perché ogni narrazione ha bisogno di personaggi e ruoli narrativi. Questo succede per qualunque tipo di ambito della società che passi attraverso i media; per esempio, lo sport crea le sue star, così come la musica, la religione.

Nella politica, questo effetto di personalizzazione ha comportato che, laddove prima vi erano narrazioni che riguardavano i partiti, idee, ideologie, adesso queste riguardino dei personaggi, i politici che incarnano quelle idee e ideologie. A questo proposito, nell’ambito politico possiamo anche parlare di processi di leaderizzazione o personalizzazione della leadership. Ciò è visibile anche nei nomi dei partiti, nei loro simboli, che riportano sempre più spesso il nome del leader.

Tutto questo ha poi conseguenze tangibili sul rapporto tra il cittadino-elettore e il mondo della politica: il fatto che un’ideale o un’ideologia siano personificate, fa sì che si rafforzino i processi di identificazione e si creino rapporti apparentemente più diretti, confidenziali con il leader, arrivando quasi a una sensazione di intimità con esso.

La potenza narrativa e quindi politica che può avere una telecamera nel raccontare il leader, ha spinto i politici a investire sulla conoscenza di questi strumenti, e a imparare a usarli in prima persona, per fare in modo di controllare la costruzione della propria immagine mediata e renderla quanto più desiderabile, accettabile.

L’Italia può dirsi capofila per quanto riguarda la personalizzazione della leadership, avendo, a partire fin dagli anni ‘90, conosciuto il fenomeno Berlusconi. Berlusconi proponeva una storia, la sua storia, che lui stesso diceva essere “una storia italiana”, titolo non a caso del fascicolo da lui scritto e pubblicato nei primi anni Duemila, in cui viene colto nella propria intimità domestica.

Questa costante mediatizzazione dell’intimità fa sì che i leader si trovino anche in situazioni che non sono sempre controllabili dallo staff o in situazioni di emergenza che richiedono una risposta tempestiva, ed ecco che la scelta del cittadino si orienta sempre più verso chi è più “telegenico”, piuttosto che sulla base dell’idea politica. Essere telegenici vuol dire, a tutto tondo, avere una maggior capacità di affrontare questa esposizione e una maggiore conoscenza e gestione dei codici della comunicazione.

Con l’arrivo dei social media si intensifica inoltre l’emotività nella comunicazione e aumenta la polarizzazione, anche a causa dell’imponente presenza di contenuti generati dagli utenti, che incoraggiano ancora di più questa illusione di intimità e di disintermediazione.

Un fenomeno interessante connesso alla predominanza dei social media nella comunicazione politica è quello che alcuni studiosi chiamano low-fi politics, una politica di bassa fedeltà in termini di appartenenze, tecnici o tecnologici e con una certa propensione all’estetica del brutto. I video a cui siamo abituati sui social media sono quelli girati con gli smartphone, perché questi formati e codici visivi tendono a dare un effetto di autenticità e per questo vengono scelti anche dai leader per comunicare: situazioni familiari con video non perfetti sono strumenti quotidiani per il leader politico del 21esimo secolo. È paradossale, soprattutto nel nostro mondo dove gli strumenti tecnologici alla portata di tutti sono sempre più sofisticati.

Un ultimo elemento da sottolineare è la velocità con cui i leader sembrano alternarsi al potere a livello comunicativo. Soffermiamoci sulle caratteristiche del panorama mediatico attuale, soprattutto quello digitale. Le nuove tecnologie della comunicazione sono veloci. E allora I leader ci appaiono sempre più come stelle che si bruciano in fretta, proprio come le celebrity prodotte dai reality show. I tempi di azione, e di reazione, della politica sono sempre più rapidi anche se, a onor del vero, nella politica del nostro Paese i nomi sono molto più permanenti di quanto non sembri. Il turnover è estremamente veloce se consideriamo la visibilità della leadership, ma non la leadership stessa. I media digitali sono pervasivi e ciò acuisce i fenomeni di celebrity politics e pop politics. La politica mediatizzata fa propri i linguaggi della cultura pop. I linguaggi politici vengono ibridati, i suoi codici, le sue logiche assorbono elementi da diversi ambiti, dallo stand up comedy alla fiction, ai fumetti, ai videogiochi. 

In sintesi, l’era contemporanea della comunicazione politica, intensamente mediatizzata, pone una sfida senza precedenti sia per i politici che per i cittadini. Da un lato abbiamo leader che, spinti dalla necessità di essere sempre più telegenici e di navigare abilmente i flussi veloci dei media digitali, spesso sacrificano la profondità del contenuto in favore dell’estetica e dell’emozione. Dall’altro il pubblico, bombardato da una miriade di stimoli visivi e narrativi, deve fare i conti con una realtà in cui l’immagine e la percezione spesso superano l’essenza. In questa relazione intricata tra politica, media e cultura pop, emerge un appello per una maggiore riflessione e discernimento, affinché non si perda di vista il vero scopo della comunicazione politica: servire l’interesse comune e favorire una discussione pubblica sulle tematiche rilevanti per la società.