LA LEADERSHIP CAPACE DI RACCONTARE E RACCONTARSI

POLITICA E SOCIAL NETWORK: ETICA, PARTECIPAZIONE E POLARIZZAZIONE

Intervista ad Antonio Funiciello, manager della comunicazione e saggista,
già capo di gabinetto dei Presidenti del Consiglio Mario Draghi e Paolo Gentiloni.

Con un gioco di parole “oggi la leadership è la quella che si priva di leadership.” Ma cosa vuol dire privarsi di leadership?

Prima di tutto “significa delegare, creare leadership attorno a sé, affidare porzioni di leadership ad altre persone, valorizzandone il talento, l’intelligenza e le capacità di guida, senza temere che queste possano crescere troppo e insidiare posizioni di potere.” Ma privarsi di leadership significa anche “pianificare, organizzare, non improvvisare, fidarsi poco delle proprie intuizioni e avere sempre driver di medio e lungo periodo nei quali quotidianamente inserire anche le occorrenze immediate.” E, ancora, significa “raccontare e raccontarsi; raccontare le proprie capacità e i propri obiettivi attraverso una condivisione di storytelling.” Perché è la leadership estroversa quella che funziona.

Saper raccontare – e raccontarsi – implica anche una certa dose di empatia. Quanto conta in un leader? “Molto. Ci sono diversi gradi di empatia e su questa gioca anche molto l’attitudine caratteriale. Ci sono leader naturalmente empatici – Bill Clinton, per esempio, è un uomo straordinariamente rivolto verso gli altri – e altri meno, ma in grado di costruire la loro empatia con intelligenza e minuziosità. Perché la tecnica politica insegna anche a essere empatici. Naturalmente, c’è una base di autenticità da preservare sempre, perché l’eccesso di ricerca dell’empatia può rendere caricaturale un leader.”

La comunicazione nella vita politica di un leader ha sicuramente un ruolo importante. “Non esiste leadership che non sia comunicativa: per guidare altre persone bisogna farsi capire, persuadere, essere convincente, affascinante, credibile. Lo strumento principale è il linguaggio: la leadership non può fare a meno di raccontarsi e la chiave è inserire dentro la comunicazione strategica generale la propria vicenda particolare. Mettere se stessi al servizio di una visione che trascende l’ego di chi guida”. Tutte le leadership – politiche, aziendali, di uomini e donne capaci di guidare – hanno una loro storia particolare che le rende uniche. “Si tratta di inserire la propria storia particolare, il proprio inconfondibile fattore umano, dentro una storia più grande, provando così a conferirle valore storico.”

E la storia particolare è fatta anche di sentimenti, partendo dai più basici, come l’ambizione. Ma questa da sola non basta: “La storia personale deve rientrare in un orizzonte generale perché è lì che si incrociano le storie dei follower, dei seguaci. Ed è in quell’orizzonte che le storie di riscatto, di miglioramento della propria condizione personale e sociale si intrecciano e crescono insieme e i follower riconoscono la storia del leader come vicina e, in qualche modo, simile alla propria.” 

Un esempio. “It is your problem no less than mine. Together we cannot fail”. Queste le parole del neoeletto Presidente Franklin D. Roosevelt nel 1933 al popolo statunitense, nel discorso che avrebbe annunciato la chiusura delle banche in seguito alla crisi bancaria. “Roosevelt chiamava tutti gli americani alla condivisione dei problemi finanziari e al perseguimento delle soluzioni comuni per venire a capo di quei problemi; la chiave per non fallire è capire che si gioca nella stessa squadra.”

Il mondo contemporaneo è fatto di stimoli e sfide continui e sovrapposti. In poche parole, più complesso. Un mondo a cui anche la leadership si adatta – o meglio, si evolve. “Lincoln diceva che gli eventi fanno un presidente. Non esistono leader per tutte le stagioni, è il contesto che caratterizza, definisce la leadership.” Oggi viviamo in una fase storica non stabilizzata. Ed è in questi momenti di instabilità e incertezza che “alla leadership è richiesto di rischiare di più. In fasi come la nostra, dove il vecchio mondo sta finendo ma uno nuovo è ancora cominciato, al leader viene richiesta più creatività per affrontare il mondo che sarà. Non è sufficiente applicare schemi come nelle fasi storiche più stabilizzate.” Ma la leadership si riconosce anche per alcuni capisaldi tipici e ricorrenti. Qualità che solo un leader è in grado di comunicare. “Il senso di responsabilità è la costante in tutte le leadership buone e capaci. Quello che cambia a seconda dei contesti è invece l’attitudine a rischiare e le modalità attraverso le quali ci si assumono i rischi. E questa è una fase storica in cui ci si deve mettere più un gioco che in passato.”

In una società sempre più individualistica quanto è importante avere una leadership forte in grado di traghettare le persone verso il futuro che ci aspetta? Ma soprattutto, ne abbiamo bisogno? “Assolutamente.” Siamo in una fase di frammentazione del tessuto sociale ed è proprio qui che serve la leadership, intesa come “momento di sintesi, di risoluzione dei conflitti: più individualismo implica più frammentazione e complessità, più conflitti e quindi una maggiore necessità di leadership.”