LA POLITICA DEI GIOVANI PER I GIOVANI: COME COMUNICARE SUI SOCIAL

POLITICA E SOCIAL NETWORK: ETICA, PARTECIPAZIONE E POLARIZZAZIONE

Una conversazione con Federico Lobuono, Presidente de La Giovane Roma
e membro dell’ufficio di gabinetto del Sindaco di Roma

Giovani e politica: come si comunica ai giovani? “Questo è un tema che a me sta particolarmente a cuore.” Così Federico Lobuono, il più giovane candidato sindaco della Capitale nella storia della Repubblica italiana nel 2021 con la sua lista La Giovane Roma, composta da metà ragazzi e metà ragazze under 30. Un progetto in grado di rompere la retorica per la quale i giovani “non sono più quelli di una volta, non hanno più voglia di fare, di mettersi in gioco, non non hanno idee, contenuti, proposte.” La Giovane Roma nasceva con un obiettivo molto chiaro, come recitava lo slogan “siamo il futuro, vogliamo il presente.” Troppo spesso infatti viene detto che i giovani sono il futuro ma sono soprattutto il presente; e per determinare il futuro si deve incidere sul presente: “Non si può pensare di trasformare una città, un paese, senza coinvolgere chi li vivrà domani. E l’unico modo per comunicare ai giovani, per farsi ascoltare dai giovani, è coinvolgerli, tanto per la politica quanto per il mondo aziendale. I giovani di oggi non hanno bisogno di qualcuno che li rappresenti, piuttosto di qualcuno che dia loro la possibilità di esprimersi. Se si pensa che possa funzionare la comunicazione passiva, non si va da nessuna parte.”

Ma la classe politica di oggi è in grado di parlare in maniera più diretta con con i giovani? “La rappresentanza parlamentare under 30 è meno dell’1% percento. I giovani non vanno a votare, neanche quando ci sono giovani candidati.” Ma c’è anche un tema di gruppo: “I giovani, contrariamente ad altre categorie, non si riuniscono per portare avanti battaglie comuni, nonostante un forte sentimento di riscatto delle nuove generazioni. Riscatto che però è quasi sempre individuale e mai collettivo; l’impegno che i ragazzi mettono nel provare a fare la differenza è sempre rivolto a stessi e mai a un tema di collettività e questo danneggia molto la presenza dei giovani nelle istituzioni. Se la nostra generazione continua a essere così divisa e distante sarà difficile raggiungere il risultato auspicato.”

Comunicare ai giovani significa anche coinvolgerli sulle nuove piattaforme – nuovi mezzi di informazione – dell’ecosistema digitale. Mezzi che permettono la diffusione di informazioni, concetti, opinioni più immediata, sintetica. Ma sui social si può anche fare informazione fatta bene. Ma come? “La prima regola è essere sul pezzo, anche se la velocità può inficiare sulla qualità. Non c’è tempo di approfondire una notizia, o addirittura di verificarla. Spesso purtroppo si preferisce un contenuto rapido, mediocre, piuttosto che in ritardo. E’ un continuo compromesso tra cercare di offrire un servizio di qualità e stare nei tempi.” Ma sembra esserci un’inversione di tendenza. “La nostra generazione ricerca maggiore profondità di pensiero piuttosto che la notizia nuda e cruda; ricerca un punto di vista chiaro, una spiegazione dei fatti.” 

Piattaforme, da Instagram, TikTok, Facebook, Twitter, fino a Twitch e Club House, che non sono tutte uguali e ciascuna richiede una strategia di comunicazione su misura. “Ogni piattaforma ha la necessità di avere dei contenuti creati ad hoc sia in termini di forma sia di contenuto e cercare di seguire i trend del momento. Anche prendendo le cose con una certa ironia: la leggerezza è lo strumento che consente di raggiungere contatti e di far passare il messaggio. Non bisogna prendersi troppo sul serio.”

I social sono però un ecosistema in continua evoluzione, in cui le tendenze, le modalità di fruizione dei contenuti cambiano velocemente. Così come la domanda da parte dei giovani per un tipo di informazione che vada oltre la notizia – quasi paragonabile a un nuovo giornalismo di opinione tutto digitale fatto di video, immagini e testi brevi ma efficaci, che arrivano al punto. Un ecosistema in cui informazione e dibattito si fondono grazia alla fluidità dei social. Un mondo, quello dei social in cui però “bisogna tenere gli occhi aperti rispetto a chi seguiamo. Sono tanti gli influencer che si inseriscono nella conversazione, che provano a portare avanti battaglie che non sentono proprie; che provano a fare gli attivisti ma alla fine sono semplicemente un un’eco di loro stessi.” 

Per questo dobbiamo farci alcune domande. “Primo: dobbiamo chiederci se quello che viene detto da un singolo è qualcosa di condiviso collettivamente, oppure è una battaglia politica che viene portata avanti: fare uno statement potenzialmente condivisibile dalla maggioranza non  è politica, è un modo per aumentare visibilità e consenso. Ed è proprio da questa parola che dobbiamo allontanarci: sui social dovremmo cercare e confrontarci con persone con idee e opinioni con cui non siamo d’accordo, che si espongono su battaglie che qualcuno può non condividere. Secondo, il confronto: la persona che seguiamo è aperta al confronto? Per esempio, fare una live tra due persone con lo stesso pensiero non è confrontarsi, è spalleggiarsi. Terzo, ma non per importanza: chi parla di un determinato argomento l’ha studiato, approfondito? E qui si torna sempre alla ricerca della profondità del messaggio. Oggi i social hanno dato la possibilità a chiunque di dire qualsiasi cosa, quello in cui dobbiamo essere bravi è capire di chi fidarci o meno.”

Attenzione anche all’iper-semplificazione e all’improvvisazione sui social. Come quindi essere degli abili comunicatori, in grado soprattutto di veicolare informazioni in maniera corretta e plurale? “Sia che lo facciamo per noi stessi, decidendo di diventare dei divulgatori, sia come spettatori, la prima cosa è essere aperti al confronto: confrontarsi con qualcuno che ha un punto di vista diverso dal nostro senza delegittimarlo. E poi divulgare, comunicare un contenuto politico, presentare proposte a un problema entrando nel merito, che siano frutto di studio, ricerca, approfondimento. Il tema affrontato non deve essere un mezzo per renderci più appetibili al pubblico; ma deve essere espressione del nostro impegno verso gli altri.”