LE PERSONE AL CENTRO. LA STRATEGIA COMUNICATIVA DI MILANO-CORTINA 2026

GRANDI EVENTI | UNA RICCHEZZA CULTURALE ED ECONOMICA

di Filippo Riccardo di Chio, studente Master di giornalismo Università IULM

 

Oltre 3500 atleti da 95 Paesi differenti. Due miliardi di persone collegate da tutto il mondo e 1,6 milioni di spettatori. Le Olimpiadi invernali sono l’emblema del grande evento moderno. Quello coinvolgente, accattivante, spettacolare. Quello di ampio, anzi ampissimo, respiro. In una parola: globale. 

Dietro a lamine e sci c’è però un enorme lavoro comunicativo. Invisibile forse ai più, ma fondamentale per la riuscita della manifestazione sportiva. Ancora di più adesso che l’edizione italiana si avvicina a vista d’occhio. 

A portarci dietro le quinte è Luca Casassa, Head of Media Relations & Digital Communications della Fondazione Milano Cortina 2026. 

Comunicare significa posizionare, rendere conoscibile.” Questa la prima regola secondo Casassa. Andare oltre la più intuitiva riconoscibilità: e quando si parla dei Giochi ça va sans dire. Scavare sotto la superficie ancorando un evento a una specificità, in questo caso all’Italia. E in seconda battuta la fase di racconto. Una narrazione che possa agire su due fronti contemporaneamente. La difesa della manifestazione e delle peculiarità deve infatti andare a braccetto con la sua spiegazione. “Qualunque grande occasione ha al suo interno dinamiche complicate” spiega Casassa. “Allora è fondamentale renderla accessibile.” Un lavoro su molteplici livelli nel quale un ruolo chiave è giocato dai partner, che fungono da collante tra l’Allianz Tower di Milano, sede della Fondazione, e l’arco alpino.

Proprio da qui, dalle montagne che saranno teatro unico delle Olimpiadi 2026, parte la strategia comunicativa. Come piace ribadire a Casassa: “Bisogna porre al centro la gente. La zia Maria, il papà Leonardo, il bimbo Luca.” Questo people centric approach – così è chiamato con i classici inglesismi della comunicazione – non è ideato né generato da un algoritmo. Ma sono i partner e i professionisti che vivono ancorati al territorio a fornire la direzione. Una vera e propria piramide rovesciata, che si può reggere in piedi solo su una salda base locale. Da Livigno ad Anterselva a Cortina, dal più giovane al più anziano. L’obiettivo è far sentire il singolo parte di qualcosa di più grande di lui. Prendere l’enorme complessità della manifestazione e trasformarla in tanti piccoli pezzi di Lego concreti e colorati: massima espressione di una “comunicazione corporate” efficace. Da qui poi si allarga il campo all’ambito nazionale e infine internazionale.

Per questo l’opera di coinvolgimento non può permettersi di mettersi in moto negli ultimi mesi. Al contrario, illustra Casassa, “Devo costruire una narrazione che parta cinque anni prima dell’evento. Come faccio? Rendendoti protagonista di una scelta.” 

Sono numerosi gli esempi di questo “inglobamento dell’uomo qualunque”. Dal programma volontari, senza cui le Olimpiadi sarebbero irrealizzabili, al ticketing. Fino alla scelta della canzone, del logo e della mascotte avvenuta durante l’ultima edizione del Festival di Sanremo. “Ti sto sostanzialmente mettendo in mano il mio lavoro e mi aspetto da te un riscontro. Quello che ho fatto ti piace o no?” Certo, le Olimpiadi sono un cattivo cliente da questo punto di vista. Se di solito ogni atto comunicativo ha un target specifico (per i politici gli elettori, per le squadre di calcio i tifosi), Milano-Cortina si rivolge al mondo intero. Non c’è tifo, non ci sono distinzioni o barriere interne. Al contempo, però, non è un prodotto superconsumer perché non è presente quotidianamente nella vita di tutti. 

Proprio di questa globalità si nutrono i cinque cerchi. Berlino 1936 con Jesse Owens, Roma 1960 con le prime Paralimpiadi fino a Tokyo 2020 con il massimo numero di atleti LGBT. Per dirla con Casassa: “Il mondo dello sport ha da sempre la forza del cambiamento. Le Olimpiadi un po’ di più.” 

Per non parlare della tregua olimpica: durante il periodo di competizioni dovrebbero essere interrotti tutti i conflitti. Norma Onu che Putin ha violato nel 2022 invadendo l’Ucraina poco prima delle Paralimpiadi di Pechino. Da queste specificità l’ambiente comunicativo dei Giochi assorbe una connotazione quasi diplomatica. Il Comitato Internazionale Olimpico (CIO) in fondo ha più Paesi membri delle stesse Nazioni Unite.

A poco meno di 700 giorni dall’appuntamento, stiamo ormai entrando nel rettilineo finale. Il famoso ultimo miglio entro cui si concentrano i cosiddetti core events: dalla torcia con i suoi tedofori, alle medaglie, alle stesse mascotte. E questi eventi fanno aumentare i contenuti e dunque alimentano il processo comunicativo. 

A una ventina di mesi dall’evento scatta un interruttore nella popolazione del Paese organizzatore” commenta divertito Casassa. “È qualcosa di inspiegabile. Le Olimpiadi hanno una grandissima forza, connaturata e impalpabile.” 

Renderla concreta è il compito del team di venti persone guidato dallo stesso Luca Casassa. Perché in fondo, comunicazione o meno, l’evento succede a prescindere. “Arriva, invade lo spazio, ne prende possesso e affascina chiunque.” Come solo lo sport sa fare. La missione allora diventa rendere noto a tutti cosa sta per succedere. Far voltare lo sguardo di miliardi di persone verso i 22 mila metri quadrati di palcoscenico. E raccontarlo.