L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE È NEUTRALE?

ETICA DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Intervista a Padre Philip Larrey, Professore Facoltà di Filosofia, Università Pontificia Lateranense

Il mondo dell’Intelligenza Artificiale risulta ancora agli occhi della società civile essere un universo di nicchia, pericoloso perché poco esplorato al di fuori della comunità scientifica. Uno scetticismo che nasce, quindi, da una lontananza, anche comunicativa, tra le parti, e che crea, di conseguenza, avversione nell’implementazione delle nuove tecnologie di IA. Come è possibile far convergere le parti?

Prima di tutto dobbiamo definire cosa intendiamo per Intelligenza Artificiale, perché c’è ancora molta confusione al riguardo. Possiamo immaginarla come una serie di algoritmi digitali che utilizzano calcoli logici per ottenere certi risultati programmabili. Questo significa che l’IA in fondo non è intelligente come lo intendiamo noi esseri umani; tuttavia le macchine utilizzano determinati calcoli per arrivare a un risultato che anche noi facciamo impiegando più tempo. In questo senso, L’IA è avvantaggiata, dal momento che è in grado di ottenere dei risultati molto più velocemente di noi utilizzando dei dati infinitamente più grandi fuori dalla nostra portata. D’altra parte, però, rimangono pur sempre calcoli logici che si basano sul principio dell’inferenza. 

Possiamo dire che, ad oggi, stiamo vivendo una primavera dell’IA e delle sue capacità, e credo che questo possa spaventarci, perché per la prima volta stiamo convivendo con l’IA che è ormai parte integrante della nostra società, anche se rimangono delle lacune da colmare dato che l’IA non è ancora normata come dovrebbe. Ed è proprio per questo che ci deve essere un aumento della consapevolezza della presenza di questa Intelligenza con cui conviviamo. Ci sono, però, alcuni aspetti che ostacolano l’applicazione di norme in questo senso, dal momento che l’IA è sviluppata principalmente dalle piattaforme – pensiamo a Facebook o Amazon – e non dai governi. E’ inutile cercare di controllare lo sviluppo dell’IA soprattutto nel suo aspetto etico senza tenere conto delle grandi compagnie che le detengono.”

Molti timori nascono, talvolta, da questioni di natura etica, che vedono uomo e macchine ai due estremi. Una di queste è proprio la possibile sostituzione di manodopera con nuovi modelli di automazione del lavoro, volti all’efficientamento della produzione. Ma quali sono gli impatti sulla società così come la conosciamo?

E’ vero, purtroppo, alcune persone perderanno il posto di lavoro. Tuttavia, nel medio termine si prevede un collaborazione incrementale tra l’uomo e le nuove tecnologie: si andrà verso una sempre maggiore integrazione del digitale nella quotidianità delle persone. Da qui, il tema sull’adattamento dell’uomo alle nuove tecnologie: gli uomini evolvono e si adattano anche con l’aiuto di questi nuovi strumenti, che utilizzano per il proprio beneficio e, al contestualmente, le macchine evolvono per adattarsi ai bisogni dell’essere umano. Per questo non bisogna avere paura della tecnologia che è una nostra alleata e non un nemico. Nella realtà, già oggi si può vedere come l’uomo e le macchine vivano sempre più in simbiosi, ed è nell’interesse dell’essere umano a far evolvere anche la macchina.”

Scienza e istituzioni, due entità che si vedono sempre più impegnate, insieme, nello sviluppo di nuove tecnologie. Tuttavia, i governi devono tenere conto del benessere dei cittadini – in termini economici, di tenuta sociale e di salute. Come è possibile implementare modelli di IA a servizio e a beneficio delle società? 

“Innanzitutto bisogna distinguere la tecnologia dalla ricerca scientifica – quando parliamo di Intelligenza Artificiale intendiamo la tecnologia applicata. Il motivo del mercato è molto più forte di un organo nazionale, e anche, in un certo senso, incontrollabile. Le grandi aziende impegnate nello sviluppo di IA sono fortemente spinte dalle leggi del mercato e, talvolta, queste aziende hanno molto più potere sul mercato dei governi. In realtà, c’è ancora tanta strada da fare, soprattutto sulla collaborazione, auspicata, tra i big dell’informatica e i governi. Al momento non c’è molta cooperazione tra le parti, principalmente perché le aziende temono sanzioni nei loro confronti. E poi, lo sviluppo delle tecnologie di IA – pensiamo agli algoritmi che cambiano e migliorano ogni giorno – risultano essere sempre un passo avanti ai governi. La domanda da porsi è: come è possibile regolare qualcosa che cambia sempre per il bene dei cittadini?”

C’è poi un’altra questione da mettere sul tavolo, a cui, forse ancora non c’è una risposta. Dove e quando bisogna tracciare il limite invalicabile tra mente umana e le sue imitazioni, sempre più sofisticate, delle macchine? E soprattutto, oggi è ancora possibile parlare di imporre limiti all’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale?

Non esiste una risposta semplice sul limite etico sullo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. Un utilizzo “etico” dell’IA normalmente si tratta quando parliamo di privacy e quindi dei dati delle persone, chiedendosi come proteggere al meglio i propri cittadini. E c’è poi la questione aperta sulla sostituzione di manodopera con i meccanismi più efficienti dell’IA. In questo caso, credo che i governi si dimostreranno sempre più protettivi verso il posto di lavoro tradizionale, perché la tecnologia può sostituire il modo di fare di una nazione, dal metodo di lavoro alla fruizione del cliente, ma creerebbe scompensi sociali acuti. Per questo le istituzioni pubbliche tendono a proteggere i lavoratori da un’applicazione estesa dell’IA.”

Quali sono gli ambiti nei quali meglio si esprime il rapporto equilibrato ed efficace tra intelligenza umana e intelligenza artificiale? 

Sono convinto che in quasi tutti i settori si possa creare quella sinergia tra uomo e macchina. Basti pensare all’industria del trasporto aereo, il primo a utilizzare l’Intelligenza Artificiale – i piloti, per esempio, sono stati i primi a sperimentare quella simbiosi con l’IA. Ad oggi le applicazioni di IA nella vita delle persone sono molte di più rispetto a quelle che possiamo immaginare. A volte, neanche facciamo caso alla presenza di tecnologie di IA tanto sono integrate nella nostra quotidianità. Certo, con un uso così capillare dell’IA bisogna porsi il tema sulla sicurezza e affidabilità di queste tecnologie, di cui non possiamo eliminarne i rischi, ma possiamo ridurli, questo sì.”

A chi spetta il compito di una diffusione della cultura dell’intelligenza artificiale? Come si può rendere sistematica l’integrazione nel tessuto sociale dell’intelligenza artificiale? 

Secondo me sarà un processo autonomo, che va da sé. Quando l’Intelligenza Artificiale funziona bene, si diffonde quasi naturalmente nella società, senza che nessuno si ponga dei problemi. L’IA è progettata per svilupparsi sempre meglio, e quindi per integrarsi sempre di più nei processi quotidiani delle persone. Va intesa quasi come un’evoluzione naturale.”

Oggi qual è il racconto più efficace e la comunicazione più esaustiva dell’intelligenza artificiale nelle sue diverse declinazioni?

La paura più grande rispetto all’Intelligenza Artificiale proviene da due fonti: la prima i film catastrofici; la seconda, i personaggi pubblici con un certo impatto sulla società che ci hanno più volte avvertito dei pericoli dell’IA. Secondo me, tuttavia, l’IA in sé non rappresenta una minaccia ma è l’utilizzo che ne viene fatto che può renderla tale. Oggi, la domanda che ci poniamo a livello teoretico è se l’IA è neutrale o rischiosa di per sé. Sono del pensiero che la tecnologia non è né buona né cattiva ma è, appunto, neutrale, tutto dipende da come la si usa. Alla fine, le persone non temono più di tanto l’IA, anzi, ne vogliono trarre i benefici che questa comporta.”