PIAZZE VIRTUALI E VITA DEMOCRATICA: LA SFIDA DELLA POLITICA SUI SOCIAL

POLITICA E SOCIAL NETWORK: ETICA, PARTECIPAZIONE E POLARIZZAZIONE

di Marcello Presicci, Membro fondatore e Segretario Generale della Scuola Politica “Vivere nella Comunità”

La politica e i social network sono ormai due sfere della vita contemporanea strettamente interconnesse, capaci di generare un impatto significativo l’una sull’altra influenzandosi reciprocamente. Come è noto, i social media hanno rivoluzionato il modo in cui la politica è condotta, comunicata e concepita. Rappresentano certamente una forza positiva e propositiva per la partecipazione politica e la trasparenza, ma presentano anche sfide legate alla disinformazione, alla privacy e alla polarizzazione eccessiva.

Nell’ultimo decennio è radicalmente mutata la comunicazione politica soprattutto in alcuni partiti che oggi definiamo “populisti”. L’utilizzo dei social e di un determinato tipo di linguaggio ha portato una parte di elettorato a posizionarsi su una linea di confine che negli ultimi anni ha irrimediabilmente virato verso un punto di non ritorno. La politica si è spostata sui social, sulle piazze virtuali, “abbandonando” in molti casi le piazze reali, quelle che nel corso della vita democratica del nostro Paese hanno accompagnato i partiti della Prima Repubblica o rendendo secondarie, ad esempio, le scuole di formazione che molta classe dirigente hanno forgiato e creato circa 30-40 anni fa. 

Analizzando la situazione da un punto di vista macro, osserviamo come su una popolazione totale mondiale di 8 miliardi di abitanti 5,44 miliardi di persone usano telefoni cellulari, pari al 68% del totale. Di fatto, il 64,4% della popolazione mondiale è ora online di cui 4,76 miliardi sono utenti social. Numeri che spiegano come la penetrazione dei social media sia un asset comunicativo definitivamente primario per la partecipazione e l’informazione in ambito politico. Per questo i politici parlano sempre più direttamente agli elettori, facendo svanire la distinzione tra sfera pubblica e sfera privata, aumentando la polarizzazione, con una progressiva trasformazione politica in senso maggioritario, testimoniata dalla crisi dei sistemi parlamentari e dalla loro rappresentanza. La comunicazione politica non riguarda più la semplice strategia elettorale territoriale e di immagine, ma va sempre più ad abbracciare i media digitali diventati chiave in campagna elettorale.

Dopo questa breve analisi è opportuno constatare come tra le nuove teorie o soft skills richieste per i comunicatori in ambito politico figura quella del neuromarketing, vale a dire l’applicazione delle conoscenze e delle pratiche neuroscientifiche al marketing. Ciò allo scopo di analizzare i processi inconsapevoli che avvengono nella mente del consumatore e che influiscono sulle decisioni di acquisto o sul coinvolgimento emotivo nei confronti di un brand. Qui il consumatore è inteso ovviamente come potenziale elettore o cittadino che seguirà un determinato leader, mentre il brand afferisce a un partito. 

L’avanzamento delle scoperte e il potenziamento degli strumenti online connessi ai social media e all’AI aprono nuove prospettive. Tra le ricerche e le teorie che partono da un presupposto neuroscientifico, una degna di nota è sicuramente il modello dell’elettore razionalizzante proposto da Lodge e Taber nel 2005. Riprendendo un’impostazione tipica del neuromarketing, i due autori hanno proposto uno schema predefinito per spiegare le credenze e opinioni politiche degli elettori. Per affrontare queste sfide, i politici devono utilizzare i social network in modo responsabile e trasparente, rispettando le regole e i principi etici della comunicazione politica. Essi devono anche monitorare attentamente la propria reputazione online, altro pilastro personale che riveste un’importanza ormai centrale per chiunque si candidi a rappresentare una comunità.