Save the Children insieme alle aziende per una nuova cultura della consapevolezza

CORPORATE ACTIVISM: AZIENDE CHE FANNO LA DIFFERENZA

Intervista a Daniela Fatarella, Direttrice, Save the Children Italia

Un impegno in tutto il mondo per i più fragili. Cosa significa per voi?

“Da oltre 100 anni lavoriamo con e per i bambini e le bambine perché possano avere un presente e un futuro rispettoso dei loro diritti. Crediamo che l’infanzia sia il miglior investimento nel futuro del mondo, e lo portiamo avanti con il supporto di tutti coloro – aziende, individui, istituzioni – con i quali collaboriamo ogni giorno.

Siamo nati nel 1919 in Inghilterra grazie all’azione di una donna straordinaria, Eglantyne Jebb, che si prese a cuore la causa degli orfani tedeschi e austriaci, i ‘figli dei nemici’, affamati dall’embargo inglese, alla fine della Prima guerra mondiale. Ha cambiato la storia dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel mondo per sempre. Perché aveva capito due cose straordinarie per l’epoca: i bambini non sono oggetti che appartengono ai genitori o ai governi, ma soggetti titolari di diritti e prendersi cura dell’infanzia vuol dire investire in modo strategico e nel lungo periodo per cambiare il futuro del mondo: una vera rivoluzione. Il suo pensiero fu così forte che ha ispirato la Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che è ratificata da oltre 128 Paesi e ha fondato Save the Children, che oggi è la più grande organizzazione internazionale indipendente che si occupa di difendere i diritti dei bambini nel mondo, per la quale lavoro da oltre 15 anni.

100 anni dopo, Save the Children continua ad agire per tutelare e promuovere i diritti dei bambini, in Italia e nel mondo, con l’unico scopo di proteggere, sostenere, aiutare i minori nelle emergenze, nelle guerre, nelle crisi umanitarie, nelle situazioni di povertà estrema, in tutti i contesti di vulnerabilità.”

Quali sono le vostre aree tematiche di intervento? E quali i vostri obiettivi?

“Il mondo sta affrontando oggi un momento senza precedenti caratterizzato da molteplici crisi. Il 2022 è stato percepito come l’anno dove ogni problema innescava il successivo e si manifestava in un contesto caratterizzato da altre complessità. I giorni delle singole emergenze in cui si aveva un approccio di risposta focalizzato sono finiti. Siamo nell’era di ‘poli-crisi’ dove, per dirlo con le parole dello storico Adam Tooze, ‘gli shock sono distinti, ma interagiscono creando un complesso ancor più travolgente della loro somma’. Le crisi globali che abbiamo vissuto come la pandemia, la conseguente recessione economica, nonché le interruzioni dei percorsi scolastici, hanno avuto un impatto estremamente negativo sui bambini, bambine e adolescenti sia in termine di dispersione scolastica, di apprendimenti degli studenti e delle studentesse, che di redditi delle famiglie, e quindi della loro capacità di sostenere i bisogni materiali ed educativi dei figli. Il nostro Paese attualmente sta affrontando delle sfide importanti, come il calo demografico, con l’ultimo anno che ha segnato un record per il più basso numero di nascite e il peggioramento del benessere psico-sociale dei più piccoli. Gli ultimi dati in Italia testimoniano l’incremento dell’incidenza della povertà assoluta tra i minori, passata dal 13,5% del 2020, al 14,2% del 2021 (pari a quasi 1.4 milione di bambini) e al tempo stesso della povertà educativa.

A livello globale, poi, ci sono più conflitti di quanti non ce ne siano mai stati dalla fine della Seconda guerra mondiale e tutti hanno un impatto devastante sulla vita di bambine e bambini. I minori che vivono in aree di conflitto in Paesi come Etiopia, Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo e Yemen, tanto per citare alcuni esempi, sono esposti a continue violazioni dei diritti umani. In molte aree, infatti, continua a mancare un vero controllo sulle violazioni contro i bambini, che ha come conseguenza una frequente impunità dei colpevoli. La crisi climatica ha poi generato catastrofi naturali sempre più frequenti e più gravi, con un impatto devastante sui bambini, dalle inondazioni estreme alla siccità che hanno portato a una grave carenza di cibo in Paesi come l’Etiopia, la Somalia e le regioni circostanti. Le catastrofi climatiche hanno contribuito all’aumento della fame e della malnutrizione infantile a livello globale. 

Le sfide da affrontare in Italia e nel mondo sono immense e noi siamo fortemente impegnati per sostenere, proteggere, aiutare le bambine e i bambini e garantire loro la crescita e le opportunità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni. I nostri ambiti di intervento spaziano dalla salute e nutrizione, con progetti rivolti a mamme e bambini per combattere per esempio la malnutrizione, all’educazione, lo strumento più valido per contrastare povertà, emarginazione e sfruttamento con programmi di accesso all’istruzione. E ancora, la lotta alla povertà, la protezione dei minori, perché milioni di bambini in tutto il mondo sono ancora oggi vittime di forme di sfruttamento e abuso, quali la tratta, l’abuso sessuale, il lavoro minorile, l’utilizzo come soldato, i maltrattamenti e le punizioni corporali, la promozione dei loro diritti, con l’obiettivo di coinvolgerli, renderli partecipi e far sentire la loro voce. Di fronte a questo scenario non bisogna arrendersi ma agire, ognuno deve farsi attore di cambiamento nei confronti dei bambini più vicini e di quelli più lontani. I nostri comportamenti influenzeranno le generazioni più giovani e il futuro di tutti noi.”

In questo contesto, quanto è importante il sostegno, oltre a quello delle persone, delle aziende? 

“Save the Children punta a cambiamenti su scala, che generino impatto. Per riuscirci e garantire quindi la sostenibilità dei nostri interventi, è fondamentale creare partnership di valore e di lungo periodo. Partnership che mirino a produrre un impatto non solo nelle comunità di riferimento ma anche rispetto alla catena di valore delle aziende con le quali collaboriamo.

Ritengo che Save the Children, così come altre ONG, abbia un ruolo fondamentale nel lavorare con le aziende per costruire sempre di più una cultura che non sia meramente di donazione, ma rappresenti piuttosto un percorso di consapevolezza in cui il mondo profit possa impegnarsi a rivedere in modo innovativo i propri modelli di business. In Italia, l’80% dei 140 milioni di euro che Save the Children raccoglie, proviene da privati e aziende. Abbiamo circa 45-50 partner aziendali che lavorano con noi. Negli anni abbiamo imparato che occorre creare una profonda e continua sinergia tra profit, non profit e istituzioni. Le aziende, oggi, vogliono essere parte integrante del processo, veri e propri co-progettatori, mettendo a disposizione non solo fondi, ma le loro conoscenze, il personale volontario e le reti di relazioni. La condivisione dei valori è alla base di questa relazione di fiducia, nella quale una ONG come Save the Children non è vista solo come un ente da sostenere finanziariamente, ma un attore che riesce a supportare l’azienda nella totalità del suo impegno, volto all’adozione di parametri etici e operativi nuovi. In questa relazione positiva, vengono coinvolti anche i dipendenti, i clienti, i fornitori, tutta la filiera produttiva, che vedono nell’impegno dell’azienda un elemento positivo e di valore. Proprio per questo, accompagniamo i nostri partner nel loro percorso di due diligence e di screening preventivo, perché conoscano meglio gli impatti delle loro attività di business sui bambini e sugli adolescenti e si impegnino a mitigare i rischi di violazione dei diritti umani lungo la filiera. Il futuro è un territorio in cui le istituzioni potranno fare molto, definendo le linee guida e le direttive, ma il ruolo attivo del privato e del privato sociale sarà fondamentale, per creare relazioni virtuose che realmente possano apportare cambiamenti positivi e duraturi soprattutto nelle aree più deprivate del mondo.

Infine, vorrei sottolineare l’importanza di garantire sostenibilità ai nostri interventi attraverso una pluralità di fonti di sostegno e avere sempre chiara la tipologia di fondi che servono per portare avanti un progetto: fondi continuativi che garantiscono un sostegno pluriennale e fondi in cui il donatore ha la capacità di affidare all’associazione la scelta su come utilizzarli. Siamo orgogliosi di avere al nostro fianco oltre 500mila persone che fanno donazioni mensili e lasciano a Save the Children la libertà di decidere dove investire quei fondi. Noi onoriamo questo impegno con informazioni dettagliate su come vengono poi utilizzati. È importante diversificare la raccolta fondi, e per questo lavoriamo con aziende, istituzioni, ognuno di queste tipologie di fondi porta benefici e impatto diverso nei confronti dell’infanzia, per innovare, agire sulle catene produttive del progetto, e creano un impatto su molti bambini in comunità.”

La sensibilizzazione sulle aree di intervento è un fattore fondamentale. A chi vi rivolgete e perché?

“Oggi le organizzazioni umanitarie in tutto il mondo affrontano numerose difficoltà per raggiungere chi ha bisogno di aiuto. Tra queste ci sono, per esempio, la carenza di finanziamenti e gli ostacoli frapposti agli accessi umanitari alle aree colpite da conflitti per raggiungere chi ne ha più bisogno. Nel 2022 oltre 149 milioni di bambini nel mondo hanno avuto bisogno di assistenza umanitaria, il 20% in più rispetto all’anno precedente, a causa dell’aumento dei conflitti e della violenza, dei devastanti effetti dei cambiamenti climatici e della crisi economica. Afghanistan e Repubblica Democratica del Congo sono in cima alla lista di Paesi con il numero più alto di minori bisognosi di aiuto. I problemi che affrontano e i rischi che corrono i minori sono sempre più spesso senza confini e devono esserlo anche le strategie per affrontarli.

Sia in Italia che negli altri Paesi del mondo lavoriamo a stretto contatto con le realtà locali, forniamo sostegno alle famiglie e ai bambini in difficoltà, portiamo aiuti immediati con l’obiettivo di creare cambiamenti positivi e duraturi per il benessere dei bambini e per le comunità in cui operiamo. Le principali aree di intervento che ci vedono coinvolti, come citavamo prima, riguardano la tutela dei diritti dei minori, l’educazione, la lotta alla povertà, la risposta alle emergenze, la promozione della salute e della nutrizione, il contrasto allo sfruttamento e all’abuso.  

Al fine di ottenere davvero cambiamenti positivi per i bambini e una maggiore tutela e attuazione dei loro diritti, è importante che norme, politiche e prassi a livello locale, nazionale e internazionale siano conformi ai principi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) e che i bambini siano sempre al centro delle politiche e della programmazione, quali soggetti di diritto (Child Right Programming).

Attraverso le attività di advocacy lavoriamo per sensibilizzare e influenzare le istituzioni che, a livello internazionale, nazionale e locale, con le loro azioni e decisioni sono in grado di incidere positivamente sulla condizione dei bambini e degli adolescenti, rafforzando allo stesso tempo l’efficacia e la sostenibilità nel lungo periodo dei nostri interventi in Italia e nel mondo. Inoltre, con le nostre campagne informative e le nostre petizioni cerchiamo di sensibilizzare e coinvolgere il maggior numero di persone sui temi di nostro interesse, che riteniamo fondamentali per la tutela e la promozione dei diritti dell’infanzia.”

Come possono essere coinvolte le aziende nelle vostre attività? E qual è un auspicio che si sente di fare?

“Le partnership con il mondo aziendale rappresentano per Save the Children un ambito di collaborazione virtuoso e in continua evoluzione: sempre maggiore è l’attenzione delle aziende alla responsabilità sociale quale strumento per un cambiamento duraturo e sostenibile. La sostenibilità è un tema centrale per le imprese, significa trovare il giusto punto di equilibrio tra profitto e benessere, inteso quest’ultimo come attenzione rivolta alle persone, al territorio e alla comunità di riferimento con lo sguardo orientato al futuro. 

Per realizzare la transizione verso un modello sostenibile di sviluppo è fondamentale instaurare alleanze e collaborazioni tra i differenti attori del settore pubblico e quello privato e della società civile. Numerose aziende stanno definendo nuovi modelli di business per affrontare le sfide del pianeta, trasformare i rischi in opportunità concrete di business e creare valore nel territorio dove si hanno gli uffici e gli stabilimenti e presso le comunità dove ci si approvvigiona. Nell’ottica di integrare la nostra missione con i valori delle aziende, condividere obiettivi e strategie, favorire la co-progettazione, sviluppiamo collaborazioni innovative mettendo al centro i diritti dell’infanzia. La collaborazione tra profit e non profit rappresenta un’occasione per rafforzare e innovare, per creare nuove condizioni di raggiungimento più efficace ed efficiente dei reciproci obiettivi.

Il cambiamento passa da partenariati trasformativi e duraturi. Save the Children entra nel DNA del business dell’azienda per creare delle trasformazioni che hanno valore e sono coerenti tanto con la propria missione quanto con gli obiettivi di cambiamento dell’azienda. Diventiamo agenti di cambiamento nelle pratiche di business, lavorando a stretto contatto con interlocutori nuovi: chi si occupa di approvvigionamento delle materie di prime, di filiera produttiva, di diritti umani e business, di investimenti sostenibili. La contaminazione di sapere e competenze è alla base di tale trasformazione. I nostri asset più importanti sono la conoscenza dei territori e dei problemi a cui dare risposta, la capillarità e l’autorevolezza istituzionale. Partenariati di questo tipo utilizzano spesso strumenti di finanziamento innovativi secondo una logica che affianca il concetto di funding – alla base della filantropia – a quello di financing che prevede di investire dei capitali in progetti e iniziative che hanno una valenza sociale e al contempo prevedono un ritorno sull’investimento. Questo implica la conoscenza e l’utilizzo di strumenti finanziari innovativi per una realtà come la nostra.

Se da un lato, quindi, queste nuove alleanze rappresentano un incremento in termini di complessità tanto in fase di disegno – anzi di co-disegno – quanto di implementazione, dall’altro lato aprono a scenari in cui Save the Children può svolgere un ruolo di connettore tra i diversi attori, di sperimentatore di soluzioni sociali innovative a favore dell’infanzia, di investitore in iniziative coerenti con il proprio mandato. Noi vogliamo prenderci cura dell’investimento di lungo periodo più importante: l’infanzia. E vogliamo riportarlo al centro delle decisioni politiche, nazionali e internazionali. Perché senza bambini e bambine consapevoli, capaci di coltivare i propri talenti, senza un ascolto partecipato delle loro idee, dei loro progetti, dei loro bisogni, non c’è futuro. Il migliore dei risultati sarebbe non avere più bisogno di Save the Children. Vorrebbe dire che i diritti dei bambini sono rispettati e noi non abbiamo più motivo di esistere.”