Un passo avanti, uno indietro. Il corporate activism tra bisogni sociali profondi e rischi di derive politiche 

CORPORATE ACTIVISM: AZIENDE CHE FANNO LA DIFFERENZA

di Stefania Romenti, Università IULM

Viviamo in un’epoca in cui le imprese stanno assumendo sempre più di frequente posizioni pubbliche riguardo a questioni sociali e politiche. Questo fenomeno, noto come corporate activism, è aumentato notevolmente negli ultimi anni, con molte imprese che utilizzano la propria voce e influenza per promuovere i valori che ritengono importanti. Ma come vengono valutate dai cittadini queste iniziative? Alcuni cittadini stanno forse percependo come esagerate queste prese di posizioni pubbliche? E’ giusta la direzione cui stiamo assistendo oppure la percezione è che l’interferenza del settore privato nella politica sia eccessiva?

Lo studio condotto dal Centro di ricerca CECOMS (Università IULM) per l’International Corporate Communication Hub su un campione rappresentativo di cittadini italiani ha aperto a una riflessione critica sul tema. Un numero significativo di partecipanti (40%) sostiene che le imprese stiano parlando troppo di politica, mentre quasi la metà (46%) ritiene che dovrebbero esprimersi maggiormente sulle questioni sociali. Questo contrasto evidenzia quanto sia sfidante il tutto per le imprese: come bilanciare adeguatamente il loro coinvolgimento nel discorso pubblico?

Questi dati sollevano una questione importante. Mentre una parte sostanziale dei partecipanti ritiene che le imprese stiano entrando eccessivamente nel discorso politico, una percentuale leggermente superiore ritiene che dovrebbero essere più attive su questioni sociali. Questo suggerisce una distinzione sottile ma importante tra il coinvolgimento delle imprese in questioni politiche rispetto a quelle sociali.

Il desiderio espresso dai partecipanti di vedere le imprese più impegnate nelle questioni sociali può riflettere un bisogno profondo della società. Le persone riconoscono sempre più le imprese come attori potenti che possono influenzare positivamente la società. Questa percezione è ancora più rilevante nel contesto attuale, in cui problemi sociali come l’uguaglianza di genere, la diversità, l’inclusione e la sostenibilità ambientale sono alla ribalta. Le imprese che si impegnano attivamente su questi fronti possono avere un impatto significativo, contribuendo a far avanzare la società in modo costruttivo.

D’altro canto, la preoccupazione che le imprese stiano parlando troppo di politica riflette forse una sfiducia nella politica in generale. Negli USA, questi dati sono ancora più accentuati. E’ in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2022 il dato secondo cui le imprese parlano troppo per i cittadini americani. Addirittura, quasi la metà dei cittadini americani pensa che quando il CEO di un’impresa parla di temi politici dia più problemi di quanti siano i vantaggi per l’impresa. Ed è ancora alta, almeno negli USA, la percentuale di cittadini che vedono il corporate activism come una forma di comunicazione di marketing: ben il 68% della popolazione USA, dato che è aumentato di 12 punti percentuali rispetto al 2022. Ci può essere un timore che le imprese possano usare la loro influenza per promuovere un’agenda politica particolare o per manipolare l’opinione pubblica? Inoltre, l’intrusione delle aziende in questioni politiche può sembrare fuori luogo per alcuni, che preferiscono che le imprese si concentrino sul loro core business, piuttosto che su questioni politiche complesse.

Questo delicato equilibrio tra l’aspirazione delle imprese a essere attori sociali responsabili e la preoccupazione per la loro eccessiva politicizzazione è una delle sfide fondamentali del corporate activism. Le aziende devono navigare attentamente in queste acque, mantenendo la fiducia dei consumatori e delle altre parti interessate. Il ruolo delle imprese nella società è in continua evoluzione, e la chiave per bilanciare queste aspettative contrastanti potrebbe risiedere in una comunicazione autentica, trasparente e responsabile.